Politica economica

"Una filiera tutta italiana per abbassare i prezzi. Il Pnrr? È un'occasione"

Il presidente di Coldiretti: "Ridurre la dipendenza dall'estero può aiutare i bilanci delle famiglie"

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Ha riunito il governo al Villaggio della Coldiretti, al Circo Massimo, per promuovere l'agricoltura come settore strategico - con un export cresciuto del 7.5% - su cui basare il rilancio del Paese. L'obiettivo di Ettore Prandini, presidente della Coldiretti, è quello di «ridurre la dipendenza dall'estero promuovendo filiere produttive 100% Made in Italy e raffreddando l'inflazione che pesa sui bilanci di famiglie e imprese».

Cosa si aspetta dalla manovra?

«È difficile, in questo momento, poter immaginare risorse aggiuntive rispetto a quelle che abbiamo avuto negli ultimi anni. Stiamo lavorando per mantenere invariati i benefici ottenuti, a parte piccoli aggiustamenti, perché le risorse non ci sono».

Per quanto riguarda i fondi del Pnrr, invece?

«Ritengo che siano una grande possibilità per migliorare le misure e perfezionare ciò che oggi abbiamo a disposizione nel mondo agricolo».

Per cosa potranno essere utilizzati?

«Penso al bando che dei contratti di filiera, dove avevamo circa 700mila euro da utilizzare per contribuire ai progetti presentati dall'intero comparto agroalimentare: grazie al lavoro fatto con i ministri Lollobrigida e Fitto siamo riusciti ad aumentare la dotazione di due miliardi. Abbiamo poi aumentato le risorse sulla logistica del comparto agricolo, portando quelle stanziate sul Pnrr da 5 a 8 miliardi».

Sono previsti anche investimenti sulle infrastrutture?

«Oggi il sistema Italia, essendo totalmente sbilanciato sul trasporto su gomma, ha una perdita in termini di competitività per tutti i settori produttivi di 90 miliardi rispetto ai paesi maggiormente concorrenti. Solo per l'agroalimentare questo vale 9 miliardi. Se riusciamo ad investire per potenziare i trasporti su rotaia o marittimi, raddoppiando i numeri attuali nell'arco di dieci anni, possiamo recuperare quella competitività di fondamentale importanza per farci crescere ancora di più sul valore delle esportazioni».

Un altro tema che le sta a cuore è quello dell'internazionalizzazione...

«Sì è un tassello importante, di cui abbiamo ragionato con il ministro Tajani. Bisogna creare le condizioni, anche quando si parla del piano Mattei, affinché venga mosso anche da un interesse legato al comparto agricolo: non andare a colonizzare i paesi africani, ma aiutarli a farli crescere puntando sull'agricoltura».

L'internazionalizzazione è legata alla discussione sulle autonomie?

«È un tema che non può essere delegato alle regioni, ma deve essere gestito a livello nazionale. Muoversi come Italia ha tutt'altra visibilità e credibilità, perché quando nel mondo si parla di cibo si parla d'Italia, non delle regioni. Questo può essere un volano enorme per quanto riguarda la crescita e l'esportazione delle nostre eccellenze».

Quali sono le conseguenze per il comparto dei cambiamenti climatici?

«Nel 2022 abbiano avuto un danno di 6 miliardi e nel 2023 di 6 miliardi e quattro. Intervenire per proteggere quello che coltiviamo diventa una risposta in termini occupazionali per la filiera e anche sociali».

E come?

«Abbiamo fatto un accordo con l'Aeronautica per la lettura dei dati sui cambiamenti climatici in un periodo medio lungo».

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