Manovra, la priorità resta il ceto medio

Leo conferma l’obiettivo del taglio Irpef. Schillaci chiede 3 miliardi per il dossier sanità

Manovra, la priorità resta il ceto medio
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La manovra entra nel vivo e, mentre il governo stringe i tempi per chiudere il Documento di programmazione di finanza pubblica, i dossier si moltiplicano. Il cuore dell'intervento resta la promessa del taglio dell'Irpef per il ceto medio: l'obiettivo è ridurre dal 35 al 33% l'aliquota per i redditi fino a 50mila euro, senza estensione fino a 60mila. Per quanto riguarda le famiglie con figli, invece, si lavora sulle detrazioni ma l'idea sarebbe di procedere con sgravi «misurati e calibrati». Una misura che il viceministro Maurizio Leo definisce «prioritaria» e che, nelle intenzioni della maggioranza, dovrebbe alleggerire il peso fiscale di chi sostiene gran parte del gettito. Non a caso, secondo i dati Cida, il 72,6% dei contribuenti con redditi fino a 29mila euro versa soltanto il 23,13% dell'intera Irpef, mentre oltre tre quarti del gettito è garantito da circa 11,6 milioni di italiani.

L'operazione, tuttavia, dipenderà dalle risorse disponibili, vincolate alle nuove regole di governance europea che impongono prudenza. L'eventuale successo del nuovo round del concordato preventivo biennale, che si è concluso ieri, non potrà rientrare all'interno della manovra se non nella misura in cui garantisce un gettito stabile negli anni a venire. Il quadro macroeconomico non consente voli pindarici: le stime che andranno domani in Consiglio dei ministri la crescita del Pil a +0,5% nel 2025 e +0,7% nel 2026, con un deficit/Pil che potrebbe scendere sotto il 3% già quest'anno. Spazi ridotti, dunque, ma la maggioranza punta a concentrare gli interventi sulle famiglie, con ipotesi di nuove detrazioni per i figli, un buono scuola sul modello lombardo e veneto e, forse, la detassazione degli straordinari. A fare da contrappeso, le pressioni della Lega per un nuovo contributo dalle banche e una pace fiscale più ampia, mentre Forza Italia resta scettica sul prelievo agli istituti di credito.

All'interno di questa cornice si inserisce la partita della sanità, che il ministro Orazio Schillaci difende con forza. «Abbiamo già 4 miliardi stanziati lo scorso anno ha ribadito ieri ma stiamo lavorando con Giorgetti per arrivare a ulteriori 2-3 miliardi». Risorse necessarie per rafforzare un sistema sotto pressione, con il Fondo sanitario che quest'anno ha raggiunto quota 136,5 miliardi, oltre dieci in più rispetto al 2022. Il nodo resta il personale. «Servono nuove assunzioni, soprattutto infermieri, e un riconoscimento economico più adeguato agli operatori», ha insistito il ministro. Una sanità più solida non è solo una questione di welfare: significa anche garantire produttività, ridurre assenze e migliorare la qualità complessiva del capitale umano, con effetti diretti sulla crescita.

Lo stesso filo conduttore la spinta al Pil collega il tema manovra al capitolo turismo. Ieri si è chiuso il Global Summit del Wttc a Roma con un bilancio positivo. Lunedì la premier Meloni ha rivendicato il primato dell'Italia in Europa per competitività turistica regionale e il quinto posto al mondo per arrivi internazionali. Ieri è toccato al ministro Giorgetti ricordare che «con 258 miliardi di dollari l'Italia è il decimo Paese al mondo per contributo del turismo al Pil» e indicare le priorità: infrastrutture, formazione e digitalizzazione.

Un comparto che da solo vale oltre il 10% del prodotto interno lordo e che, come ha sottolineato anche Bernardo Mattarella, amministratore delegato di Invitalia, «deve essere sostenuto con politiche mirate per attrarre nuovi investimenti e valorizzare territori meno conosciuti».

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