
Il dibattito sull'immigrazione è particolarmente acceso in quest'ultimo periodo in Francia. Il Paese sembra essersi svegliato da un torpore durato decenni, durante i quali ha lasciato carta bianca ai propagandisti dell'immigrazione a ogni costo. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, con intere zone di grandi e piccole città che sono sotto il "controllo" delle comunità islamiche. Per anni è stato detto, in Francia come in Europa, e in Italia, che l'immigrazione è arricchimento e che per questo bisogna agevolarla ma uno studio pubblicato in esclusiva da Le Figaro dimostra esattamente il contrario. La nota è stata realizzata dall'Osservatorio sull'Immigrazione e la Demografia (OID) e confuta su tutta la linea le recenti conclusioni del think-tank progressista Terra Nova, sostenendo che l'immigrazione ha un impatto negativo su crescita, competitività e bilancio francese.
Il quotidiano francese ricorda che Hakim El Karoui e Jubba Ihaddaden, la cui origine non sembra essere transalpina, entrambi parte del think-tank, in una nota hanno spiegato che l'immigrazione è necessaria per salvaguardare l'economia francese. Ma Nicolas Pouvreau-Monti, nella nota di cui è entrata in possesso Le Figaro, sostiene l'esatto contrario: "L'immigrazione alimenta un circolo vizioso che danneggia l'occupazione e l'economia francese: aggrava i problemi strutturali dell'occupazione in Francia, peggiora i conti pubblici e penalizza indirettamente i settori esposti dell'economia". Per quanto entrambi i documenti concordino sull'importanza dei migranti nei settori a bassa specializzazione e paga, Terra Nova insiste sulla necessità di far entrare in Francia fino a 300mila migranti ogni anno per 20 anni, il che significa almeno 6milioni di migranti in più nel Paese. Ma l'OID frena e sottolinea come la mancanza di manodopera in specifici settori non può in alcun modo compensare l'impatto deleterio che l'immigrazione ha sull'economia francese e sulla sua crescita.
Se Terra Nova ammette anche che gli immigrati lavorano meno dei francesi, e sposta le responsabilità della mancata integrazione sul dibattito pubblico, dall'altro lato sostiene che fatalmente l'immigrazione massiccia non si fermerà, quindi tanto vale renderla utile. OID smonta su tutta la linea questa ricostruzione e immagina una Francia senza immigrati e Pouvreau-Monti sottolinea anche che "la realtà attuale dell'immigrazione, hic et nunc, non è l'origine delle difficoltà strutturali che la nostra economia sta attraversando, ma le aggrava tutte". Tra le ragioni c'è il tasso di occupazione basso degli immigrati, inferiore a quello dei nativi, quindi l'immigrazione non migliora "il deficitario tasso di occupazione della Francia, ma al contrario lo degrada fortemente". Tra le ipotesi formulate dall'OID c'è la segregazione volontaria delle comunità immigrate. La tendenza all'inattività si riflette anche nelle seconde generazioni secondo lo studio, tra le quali la quota di giovani "che non erano né occupati, né scolarizzati, né in formazione, era del 24% per gli anni 2020-2021".
A leggere bene la nota c'è quasi un avviso involontario all'Italia e agli altri Paesi sui rischi dell'immigrazione familiare, che si agevola concedendo facili cittadinanze: "Questo basso tasso di occupazione in Francia si spiega con la struttura della nostra immigrazione, che è in gran parte familiare". E come sottolinea Pouvreau-Monti, chi arriva in Francia per ragioni familiari, e non lavorative, trova più difficile l'inserimento lavorativo perché è anche meno motivato. Se poi chi arriva non è qualificato, e la maggior parte non lo sono, la situazione si complica e va a incidere sull'economica, perché la produttività per persona dipende essenzialmente dal livello di qualificazione dei lavoratori. Se i francesi tra i 30 e i 40 anni che non hanno il diploma sono circa il 10%, gli immigrati senza un titolo di studio spendibile sono il 31%. Ma non solo, perché nella nota di Pouvreau-Monti viene anche spiegato che "il livello di una persona immigrata titolare di una laurea ottenuta nel suo Paese d'origine è spesso inferiore a quello di una persona titolare di una laurea ottenuta in un istituto di istruzione superiore francese".
Considerando che gli immigrati sono sovrarappresentati nei settori di bassa specializzazione, come la manovalanza edile, alberghiera e della ristorazione i loro emolumenti mensili sono mediamente al di sotto della media. Questo significa che, spiega l'OIM, da un punto di vista fiscale l'immigrazione costa di più di quanto produce. Riferendo i dati dell'OCSE, l'immigrazione copre l'86% di quanto costa allo Stato. Secondo i calcoli di Nicolas Pouvreau-Monti, l'immigrazione porta a una perdita del 3,4% del PIL.
"Incoraggiare l'immigrazione per evitare la carenza in alcuni settori in tensione equivale a sacrificare la crescita dei nostri settori strategici a vantaggio di pochi interessi corporativi", è la conclusione di Pouvreau-Monti. Sarebbe interessante che uno studio simile venisse fatto in ogni Paese europeo, anche in Italia, per capire quale sia l'impatto effettivo sull'economia, al di là della propaganda.