Transizione energetica

Rinnovabili sempre più convenienti: ma aumenta la dipendenza dalla Cina

Le tecnologie per la transizione energetica sono sempre più mature ma su solare e eolico c'è il tema dell'effetto-Cina sulla convenienza delle rinnovabili

Quanto sono mature le tecnologie per la transizione energetica?

Le rinnovabili stanno conoscendo un calo generale del costo industriale di generazione e una convenienza generale sempre maggiore degli impianti per buona parte delle tecnologie.

I dati raccolti da Our World in Data mostrano che il costo unitario di generazione al megawattora (MWh) per le rinnovabili più diffuse sta diminuendo tendenzialmente da decenni e che questo rende relativamente sempre più conveniente, anno dopo anno, investire su di esse. Su scala globale, ad esempio, in quarant'anni il costo della generazione da eolico per gli impianti di nuova costruzione è sceso del 91%, da 330 a 30 dollari al MWh. L'eolico offshore cala da 200 a 50, perdendo tre quarti dei suoi costi. Restano stabili, tra i 35 e i 50 dollari, geotermico, generazione da idroelettrico e biomasse.

La parte del leone è però quella del fotovoltaico. Sceso nell'ultimo decennio da 420 a 50 dollari di media, mentre i sistemi a concentrazione solare, ancora in via di sdoganamento, sono calati da 360 a 110 dollari al MWh (-70%).

Le tecnologie per la transizione energetica sono sempre più mature, dunque, per essere operative a livello di mercato. L'altra faccia della medaglia di questo processo è rappresentato dal fatto che in larga parte il calo dell'impatto economico del mercato delle rinnovabili è dovuto all'aumento dell'importanza delle filiere a guida cinese nella produzione della componentistica. E per l'Europa ciò rappresenta un punto di caduta problematico per le conseguenti dipendenze dall'importazione di materiali esterni. Ciò vale per i pannelli solari, le componenti dell'upstream fotovoltaico, le parti degli impianti eolici.

"Sin dall’inizio, lo sviluppo dell’industria cinese ha guardato soprattutto alla crescita dei mercati esteri, non di quello interno: nel 2009 il 5 per cento della capacità produttiva bastava per il consumo domestico, il resto era destinato alle esportazioni", nota una ricerca apparsa su LaVoce.info. "Economie di scala ed elevato grado di integrazione verticale raggiunti spiegano il successo cinese in questa industria, mentre i sussidi governativi e il basso costo del lavoro hanno inciso relativamente meno (intorno al 10 per cento ognuno). Oggi comunque, secondo Iea, i costi di produzione in Cina sono minori del 10 per cento rispetto a quelli ottenibili in India, del 20 per cento rispetto agli Usa, del 35 per cento rispetto all’Europa".

Il prossimo futuro aprirà a diverse questioni importanti. Il friend-shoring delle catene del valore, la sicurezza imposta come Stella Polare nelle politiche energetiche occidentali e il ritorno della politica industriale nelle economie avanzate imporrà riflessioni sulla necessità di mettere i fattori produttivi in campo nella maniera più sostenibile per lo sviluppo delle rinnovabili evitando che si crei una dipendenza eccessiva dall'estero. A rischio di sostenere costi maggiori. In quest'ottica, notiamo che la minaccia per l'Europa, in questa fase, è il differenziale di costo marginale con gli Stati Uniti, che con l'Inflation Reduction Act sussidiano a tutto campo tecnologie pulite di ogni tipo e possono attrarre sul loro suolo gli investimenti delle imprese europee.

Condannando il Vecchio Continente a una dipendenza dalla Cina ora più che mai da evitare a ogni costo.

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