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Armi, denaro e pressioni sugli Usa: così gli ex generali di Assad complottano contro al-Sharaa

Il New York Times rivela il contenuto delle intercettazioni di ex militari del regime deposto nel dicembre dell'anno scorso. Obiettivo: indebolire l'autorità di Damasco

Armi, denaro e pressioni sugli Usa: così gli ex generali di Assad complottano contro al-Sharaa
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Ad oltre un anno dalla caduta di Bashar al Assad, i generali e le spie dell'ex dittatore siriano tramano per riprendersi Damasco, o almeno una parte del Paese sfiancato da oltre un decennio di guerra civile. A riportare i piani degli esponenti del capo del regime deposto l'8 dicembre del 2024 è il New York Times che ha avuto accesso alla trascrizione di telefonate, messaggi e chat di gruppo condivise da attivisti siriani. Le fonti del quotidiano Usa sostengono di aver hackerato i telefoni dei principali comandanti di Assad prima del crollo della dittatura e di averli monitorati da quel momento in poi. Gli attivisti, che hanno parlato a condizione di mantenere l'anonimato, precisano che hanno scelto di condividere solo una frazione del materiale in loro possesso per non compromettere la loro capacità di continuare a condurre intercettazioni telefoniche.

Le figure al centro del complotto ordito ai danni delle nuove autorità di Damasco guidate dall'ex qaedista Ahmed al-Sharaa sono Suhail Hassan, ex comandante delle forze speciali di Assad (soprannominato "la Tigre" per la sua ferocia in battaglia), e Kamal Hassan, ex capo delle spie militari dell'oftalmologo che ha trovato riparo in Russia. Anche i due generali un anno fa sono scappati subito a Mosca ma, successivamente, sarebbero stati in grado di compiere viaggi all'estero nonostante le sanzioni internazionali per accuse di crimini di guerra che pendono sulle loro teste. Nel corso dell'ultimo anno Suhail Hassan avrebbe infatti incontrato collaboratori in Libano, Iraq e persino in Siria mentre la presenza di Kamal Hassan sarebbe stata segnalata nel Paese dei cedri.

Kamal Hassan ha indicato al New York Times di non essere coinvolto in piani volti a fomentare un'insurrezione armata ma due ex funzionari del "macellaio di Damasco" che collaborano con gli ex generali avrebbero comunque fatto sapere che essi sono "in una buona posizione" per reclutare uomini tra gli alawiti, la minoranza sciita a cui appartiene la famiglia Assad. Non è chiaro, sottolinea il quotidiano americano, quanti sarebbero pronti a rispondere all'appello considerato il profondo risentimento che molti alawiti nutrono nei confronti del regime a causa della guerra civile.

Le prime intercettazioni condotte dagli attivisti risalirebbero all'aprile del 2025, quando gli autori degli hackeraggi hanno affermato di aver notato un "aumento dell'attività da parte di alcuni obiettivi". Una circostanza riscontrata a poche settimane di distanza dalle violenze settarie che avevano provocato la morte di oltre 1600 persone, per lo più alawite, scatenate a seguito di attacchi lanciati dalle ex forze di sicurezza di Assad contro i militari del nuovo governo. La strage si sarebbe configurata sin da subito come un grido di battaglia per gli esponenti del deposto regime.

Stando a quanto si apprende dalle intercettazioni, Suhail Hassan avrebbe inviato comunicazioni contenenti il numero di combattenti e di armi in diversi villaggi lungo la costa siriana. I messaggi sarebbero stati inviati ad una persona definita "comandante in capo delle nostre forze armate e militari". Dietro questa figura misteriosa si celerebbe Rami Makhlouf, un magnate siriano cugino di Assad e con base in Russia, che si descrive come una figura messianica pronta a guidare gli alawiti siriani e che si vanterebbe di potere predire gli eventi grazie ad un testo mistico in suo possesso. In altre intercettazioni si scopre che "la Tigre" avrebbe reclutato un ex generale della Quarta Divisione, il quale avrebbe distribuito 300mila dollari in pagamenti mensili a potenziali combattenti e comandanti.

Anche Kamal Hassan, l'ex responsabile dell'intelligence militare, avrebbe versato pagamenti a sostenitori e potenziali reclute ma, secondo un paio di suoi collaboratori, sarebbe più concentrato sulla creazione di una rete di influenze che su un'insurrezione vera e propria e userebbe la sua Fondazione per lo sviluppo della Siria occidentale, con sede a Beirut, per fare pressione su Washington avvalendosi dei servizi di una società di lobbying americana e di Joseph E. Schmitz (ex consigliere di Trump). Il tutto per istituire una "protezione internazionale" per la regione alawita siriana. A preoccupare i diplomatici di Damasco, più che i tentativi di organizzare un'insurrezione nel Paese mediorientale, sarebbero proprio queste attività di influenza politica negli Stati Uniti.

Alle rivelazioni del New York Times si aggiungono poi quelle del Washington Post che negli scorsi giorni ha pubblicato un'inchiesta sulle forniture clandestine di Israele alle milizie druse alleate di Tel Aviv.

Un flusso di armi, intelligence e denaro che starebbe contribuendo ad indebolirebbe gli sforzi di riunificazione nazionale promossi dal governo di al-Sharaa confermando come, ancora una volta, in Siria diversi attori siano impegnati a giocare una partita a scacchi tanto pericolosa quanto imprevedibile.

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