
Con l'ennesima mossa a sorpresa, l'amministrazione di Donald Trump potrebbe prorogare la scadenza di luglio per l'entrata in vigore dei dazi più elevati sulle importazioni da decine di paesi. «Forse potrebbe essere prorogata, ma è una decisione che spetta al presidente», afferma la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt (nella foto). E alla domanda se il tycoon sia ancora impegnato a rispettare una scadenza per raggiungere accordi commerciali entro il mese prossimo, Leavitt risponde che quella data «non è critica». «Il presidente può semplicemente proporre un accordo a questi paesi se si rifiutano di farlo entro la scadenza, e questo significa che può scegliere un'aliquota tariffaria reciproca che ritiene vantaggiosa per gli Stati Uniti e per i lavoratori americani», prosegue. E in serata, fonti vicino al dossier hanno fatto sapere che la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen aveva informato i leader europei di aver ricevuto la controproposta statunitense nel negoziato sui dazi. L'offerta di Washington, composta da un testo di poche pagine, e andrebbe a delineare «un accordo provvisorio» tra Usa e Ue. Sempre ieri sera, Trump ha annunciato di aver firmato un accordo con la Cina, mentre l'India «potrebbe essere la prossima».
A fine maggio, Trump ha minacciato di imporre dazi del 50% all'Unione Europea, ma due giorni dopo ha accettato di rinviare l'applicazione di tali tariffe al 9 luglio, dopo che von der Leyen ha dichiarato di aver bisogno di una proroga per «raggiungere un buon accordo». Il tycoon si sta anche scontrando con la scadenza di una sospensione di 90 giorni sui dazi «reciproci» che ha imposto a quasi tutti gli altri Paesi, riducendo le tariffe ad un'aliquota fissa del 10%, e dovrebbe terminare l'8 luglio. All'inizio di questo mese, il segretario al Tesoro Scott Bessent ha testimoniato davanti alla Commissione Finanze della Camera definendo «altamente probabile» che Trump decida di posticipare la scadenza dell'8 luglio. Proprio ieri i dati del primo trimestre hanno mostrato un'economia americana che si contrae più del previsto con i consumatori che stringono la cinghia: il Pil ha segnato un -0,5%, oltre le attese degli analisti e delle stime iniziali, segnalando un rallentamento significativo dell'Azienda America, sulla quale si continuano ad addensare le nubi dei dazi. Un calo, seppur in parte dovuto alle tecnicalità con cui viene calcolato l'import, non include il «liberation day», il 2 aprile usato dal tycoon per annunciare le tariffe reciproche. E questo lascia ipotizzare, secondo alcuni esperti, un possibile ulteriore rallentamento nei mesi successivi. Quadro che potrebbe peggiorare ancora proprio se entro il 9 luglio i dazi reciproci dovessero tornare ai livelli annunciati in aprile, aprendo la strada a una possibile recessione.
L'apertura di Trump potrebbe essere facilitata dalle conclusioni del vertice Nato all'Aja, che il comandante in capo ha elogiato come
«fantastico». Ma a complicare il quadro rimane il caso della Spagna. Il presidente americano, deluso dalla scelta del premier Pedro Sanchez di non condividere l'obiettivo Nato del 5%, ha minacciato di raddoppiare i dazi.