ESCLUSIVO | Così il report Oms italiano sparì su ordine di Pechino

Un documento inedito rivela: il dossier del 2020 che imbarazzava l'Italia fu ritirato su richiesta della sede cinese, non dall'ex numero 2 Guerra. Il giallo sui tempi di diffusione del virus e la gestione caotica della pandemia

ESCLUSIVO | Così il report Oms italiano sparì su ordine di Pechino

È stata la sede dell’Oms di Pechino a chiedere a Francesco Zambon di rimuovere il report che 13 maggio 2020 inchiodava la gestione «improvvisata, caotica e creativa» della pandemia da parte di Giuseppe Conte e Roberto Speranza, fatto sparire nel giro di ventiquattro ore e ritrovato pochi mesi dopo dall’attuale consulente della commissione Covid, Robert Lingard.

C’è un documento di cui è entrato in possesso il Giornale che lo dimostra. Si tratta della risposta - fino ad ora inedita - che l’Oms ha fornito alla rogatoria della Procura di Bergamo, che allora indagava sul rapporto tra la diffusione dell’epidemia, la mancata Zona rossa in Val Seriana, la mancata applicazione ed il mancato aggiornamento del Piano pandemico. In questo documento c’è la prova che il rapporto della sede di Venezia dell’Oms non fu rimosso su pressioni dell allora numero 2 Oms Ranieri Guerra, ma fu lo stesso Zambon a ritirarlo su richiesta del rappresentante Oms di Pechino: «Rimuovi immediatamente il documento dal web. Considerala un’emergenza. Questo documento é inaccurato e contraddice la timeline ufficiale dell’Oms in un paio di punti. Il box sulla Cina deve essere immediatamente controllato dalla sede centrale”.

Il 14 maggio 2020, Francesco Zambon manderà una mail interna richiedendo di ritirare il rapporto dal sito dell’Oms: «L’ufficio Oms Cina ci ha chiesto di rimuovere immediatamente (e temporaneamente) il report per un problema nel testo, per favore dateci conferma di averlo fatto». Una versione confermata anche dal Tribunale di Venezia, che ha archiviato Guerra con formula piena dall’accusa di violenza privata. Scrive infatti il giudice non solo che la condotta di Guerra non rappresentasse una minaccia, ma anche che il rapporto fu ritirato «per ragioni inerenti rapporti con la sede di Pechino, cui il Guerra era del tutto estraneo».

Ma quali erano le inesattezze del rapporto di Zambon nel box Cina che fecero indispettire la sede Oms di Pechino? La risposta si trova nella lunghissima memoria che Ranieri Guerra depositò ai pm di Bergamo. La prima scoloritura riguarda «voci di sindrome respiratoria acuta» che sarebbero circolate prima della notifica all’Oms da parte delle autorità cinesi del 31 dicembre 2019, suggerendo evidentemente che la Cina avesse tentato di nascondere la presenza sul suo territorio di un virus ad eziologia sconosciuta (non è chiaro per quanto tempo), evitando di darne l’ufficialità alla comunità internazionale per tramite dell'Oms. La seconda “inesattezza” sarebbe da ricondursi invece al primo caso riportato in Thailandia il 13 gennaio 2020, il quale non avrebbe avuto alcun link con il mercato di Wuhan e quindi «suggeriva la trasmissione interumana», facendo intendere un ritardo da parte dell’Oms nell’innalzamento della fase di allerta che sarebbe arrivato solo la settimana dopo.

Come è emerso dalle audizioni desecretate in commissione Covid, stando alle parole dell’ex componente di Cts e task Giuseppe Ippolito, incalzato da capogruppo Fdi alla Camera Galeazzo Bignami in commissione d’inchiesta Covid lo scorso 3 aprile sul perché opponesse valutazioni di politica estera sul trasporto da Wuhan all’Italia con un aereo ad alto biocontenimento, tanto da preoccuparsi «che la Cina venisse liberata da ogni possibile accusa di esportazione di patologia trasmissibile», l’ex direttore scientifico dello Spallanzani rispondeva: «Perché é la posizione dell’Oms».

Per una strana alchimia, le cancellature suggerite dalla sede Oms di Pechino si intrecciano con quanto scritto dal ministro della Salute Roberto Speranza nella versione ritirata del suo libro "Perché guariremo": «Il 31 dicembre, le autorità (della Cina, ndr) hanno segnalato all'Oms molti casi di una malattia che somiglia alla polmonite, nella provincia di Wuhan». Ma subito l'allora esponente Leu oggi nel Pd aggiunge: «Era tutto il mese che si rincorrevano le voci su nuovi focolai virali in quella provincia e che consultavo le notizie con più attenzione del solito, vagliando quelle provenienti da Oriente». Ma notizie su focolai virali prima del 31 dicembre non se ne trovano.

Come faceva Speranza a sapere dell’esistenza di focolai virali in Cina prima che lo sapesse l’Oms? Da chi lo aveva saputo? E per quale motivo uno dei massimi esponenti della sanità italiana come Ippolito, chiamato a far parte di un consesso di scienziati che avrebbero dovuto fornire indicazioni al governo sulla gestione di un'emergenza di salute pubblica («un bailamme di persone che ogni giorno cambiavano») si preoccupava di non creare il disappunto dell’Oms sulle ripercussioni geopolitiche che il trasporto di un infetto su un aereo ad alto biocontenimento avrebbe avuto sulla Cina?

E ancora, il matematico Stefano Merler ai magistrati di Bergamo dichiarò a più riprese di aver saputo del Covid ben prima dell’alert Oms al 31 dicembre 2020 perché «nella comunità scientifica il virus era già noto in precedenza e io a Natale (sei giorni prima dell’allarme ufficiale, ndr) già lo stavo studiando». A quale titolo e per conto di chi il matematico della Fondazione Bruno Kessler stava studiando il Covid prima ancora che l’Oms venisse allertato dell’esistenza di un virus ad eziologia sconosciuta nella provincia di Wuhan?

Le massime autorità sanitarie italiane - in complicità con Cina ed Oms - hanno taciuto agli italiani e alla comunità internazionale l’esistenza di una minaccia sanitaria

globale?

Visto che ci sono di mezzo decine di migliaia di morti, ci aspettiamo che la commissione d’inchiesta sulla pandemia Covid - guidata dal senatore Fdi Marco Lisei - possa fornire delle risposte anche a queste domande.

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