Politica internazionale

Tutti gli affari colombiani del "mediatore" D'Alema

Non solo navi e aerei, dalle chat in mano ai pm spuntano interessi pure sulle forniture di energia

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«Tutto questo negoziato deve passare tra di noi, attraverso un solo canale», diceva Massimo D’Alema al suo interlocutore colombiano nella call - registrata a sua insaputa - sulla trattativa per la vendita di aerei e navi militari delle partecipate pubbliche al governo di Bogotà.
Per i pm di Napoli che ora lo indagano per corruzione internazionale con altre sette persone, quella dell’ex premier sarebbe stata una «mediazione informale» tra Fincantieri e Leonardo e lo Stato sudamericano. Ma D’Alema, a sentire l’audio rubato, sembrava preoccuparsi che qualcuno potesse estromettere il «suo» team dalla commessa da 4 miliardi che sarebbe valsa 80 milioni di provvigioni, secondo i magistrati da dividere con alcuni colombiani, tra cui anche dei funzionari pubblici di quel Paese. Da qui l’accusa di corruzione: «Dobbiamo dare il senso che noi abbiamo rapporti non solo con i militari e funzionari ma anche con il governo», spiegava al suo interlocutore, Edgardo Fierro Flores, identificato dai pm come il «capo del gruppo di lavoro per la presentazione di opportunità in Colombia». D’Alema avrebbe cercato rassicurazioni: «Noi rischiamo di avere delle interferenze in questo negoziato che non è utile che ci siano. Noi abbiamo interesse che il negoziato passi dalle società italiane attraverso Robert Allen (lo studio legale di Miami attraverso cui sarebbero passati i contratti con Leonardo e Fincantieri, poi mai perfezionati, ndr) e dall’altra parte le autorità colombiane, senza interferenze». Insomma ci si doveva adoperare per ottenere la massima credibilità ai fini del buon esito dell’affare: «Perché chiaramente ci sono delle pressioni sui vertici delle aziende (le partecipate, ndr) di altri che dicono “ma no questo canale non funziona, dovete rivolgervi a noi perché questi non hanno rapporti col governo colombiano...“ Questi saremmo noi, chiaro?».
Ma in ballo in Colombia non ci sarebbero stati solo gli aerei e le navi militari delle aziende italiane. Dalle chat di cui il Giornale è in grado di dare conto, emergerebbe anche come agli occhi dell’ex premier in quel momento il Paese sudamericano potesse essere un’opportunità di business anche su altro. Del resto quando oltre un anno fa scoppiò il caso, in un’intervista al Corriere della Sera, D’Alema aveva spiegato che gli 80 milioni a cui si riferiva nella call registrata erano «una stima sommaria di quello che poteva valere una massa di investimenti come quella di cui si parlava». E aveva precisato che semmai il suo guadagno sarebbe stato su altro, non su quella commessa: «La mia società avrebbe avuto dei vantaggi nel campo dell’energia, delle infrastrutture, in rapporto alle aziende private con cui collaboro».
Infatti, con i due mediatori pugliesi Emanuele Caruso e Francesco Amato, D’Alema si sarebbe parallelamente dato da fare per concludere un’altra operazione, questa volta nel campo dell’energia rinnovabile, per conto di una società d’investimento di cui, stando ai messaggi inviati ai suoi interlocutori, l’ex premier si presentava come «advisor». Nella chat con i due pugliesi avrebbe discusso di un possibile investimento nella località «Las Marias». Su questo non emergerebbe però alcuna interlocuzione con funzionari dello Stato colombiano, a differenza del caso su cui indaga la Procura di Napoli. Insomma, sarebbe stato un affare tra «privati», estraneo all’inchiesta in corso. Il fondo con sede a Londra di cui D’Alema si presentava come advisor, avrebbe dovuto investire nell’acquisto per 13,2 milioni di euro di quote di una società con sede a Medellin, nell’ambito di un progetto fotovoltaico. Il 16 dicembre D’Alema scriveva: «Sto aspettando la copia del contratto per l’acquisto di energia per Las Marias». Due giorni dopo: «Non hanno mandato la copia, se arriva chiudiamo l’operazione». Ancora: «Se ci saranno risposte positive c’è sicuramente interesse all’acquisto. Non appena la verifica sarà completata, faranno un’offerta».

Anche questo affare però, come quello su aerei e navi, non è mai andato in porto.

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