112, flop annunciato: call center impreparato ritardi oltre i 15 minuti

In un dossier tutti gli sprechi e le inefficienze del numero unico d'emergenza. Che ha deluso

112, flop annunciato: call center impreparato ritardi oltre i 15 minuti

Roma - Il 112, il nuovo numero unico europeo d'emergenza istituito nel 2015 (ma che Bruxelles ci chiede dal lontano 1991), da soluzione sta diventando un problema. Dove c'è lo criticano. Dove ancora non è stato realizzato (al massimo entrerà in vigore alla fine del 2018) lo temono. Intanto, non c'è ancora uniformità da Bolzano a Palermo. Sono partiti Liguria, Lombardia, Piemonte, Trentino, Sicilia e Lazio. Sta per decollare quello veneto. Umbria e Marche, invece, hanno deciso di fondersi (per quanto riguarda l'emergenza) e fare una sola centrale che serva le due regioni.

Dicevamo dei problemi. La procura di Torino ha appena aperto un fascicolo sulle denunce dei vigili del fuoco piemontesi. Un libro bianco che documenta i ripetuti ritardi nel girare le chiamate d'emergenza ai soccorritori da parte del call-center. Almeno una decina i casi sottoposti all'attenzione dei pm, ma le lamentele arrivano da tutte le forze dell'ordine. L'accusa più frequente è che i ragazzi del call-center allertano anche con 15 minuti di ritardo. Una follia. Il punto è che dietro i telefoni non ci sono poliziotti come nei telefilm americani, ma operatori civili che smistano le chiamate a chi deve intervenire. Ciò che tutti chiedono è la creazione di sale interforze, cioè con operatori del soccorso, della sicurezza che fanno quello di mestiere. Non centralinisti. Così da organizzare al meglio l'intervento.

Il vicequestore aggiunto Filippo Bertolami, segretario nazionale del Pnfd, crede in un altro 112. Recentemente ha pubblicato un dossier con tutti i costi e le inefficienze di un servizio carente. «Il 112 ha ricevuto 28 milioni di euro di fondi statali del ministero dell'Interno a partire dal 2017 e almeno 40 da tutte le regioni, anche se sembra che i costi possano, come al solito, lievitare», denuncia il sindacalista. E ancora: «A suo tempo l'Aduc aveva stimato complessivamente 269 milioni di euro ricevuti. Come emerso in questi ultimi giorni, a distanza di 4 anni ci ritroviamo con un costoso sistema non funzionante sia a Torino, che a Roma (otto chiamate in 25 minuti ma nessun soccorso per Ruggiu). Già nel 2013 denunciammo che era stato buttato via mezzo miliardo di euro, perché la soluzione non era quella poi adottata che sovrappone alle centrali esistenti (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco, 118, ecetera) un costoso call-center, peraltro composto da operatori che non appartengono a nessuna delle categorie di professionisti dell'emergenza, bensì la realizzazione di sale operative interforze già previste dalla legge 121/1981 con conseguenti enormi risparmi e maggiore efficienza dei servizi. Inoltre, e non è cosa da poco, è anche una questione di sicurezza». «In tempi di terrorismo - aggiunge - ci possiamo permettere il modello del cosiddetto call center laico, cioè senza forze dell'ordine, che comporta comunque un passaggio in più?».

E per cercare di trovare soluzioni il sindacato ha elaborato un primo esperimento di presidio multiforze a Ostia, zona che ultimamente ha dato più di un problema di ordine pubblico.

Un presidio a costo zero (razionalizzerebbe le risorse esistenti) e farebbe da sala operativa multistituzionale (Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, Guardia Costiera, Vigili del Fuoco, 118, Asl, Ama). A qual punto i contatti con l'utenza sarebbero semplificati. O no?

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