Le ferite inferte dal terrore islamista al cuore dell'Europa non sono una novità. Partendo da lontano basta ricordare la bomba al metrò di Parigi fatta esplodere nel '95 dai sostenitori del Gruppo Islamico Algerino, per arrivare ai 191 morti della strage di Madrid dell'11 marzo 2004 rivendicata da Al Qaida e ai 56 di quella nel metrò londinese del 7 luglio 2005. Oggi però l'Europa rischia di essere non solo colpita, ma anche affondata.
Dietro questa vulnerabilità c'è innanzitutto l'isolamento figlio dell'addio alle armi dell'America di Obama riluttante a guidare la guerra al terrore. A trasformare quest'inedita solitudine in inerme fiacchezza s'aggiungono le politiche arrendevoli, consenzienti e remissive di un Vecchio Continente restio a realizzare che l'era dell'America «mamma chioccia» è definitivamente tramontata. Così un'Europa pigramente abituata a delegare la propria difesa a Washington si ritrova a non aver le forze per affrontare lo Stato Islamico.Se le immagini della supposta capitale europea Bruxelles chiusa per terrorismo sono la più sconcertante rappresentazione di questo smarrimento, i veri motivi dello sbandamento risalgono al dopo 11 settembre. Allora l'America si chiude a riccio imponendo una politica di severi controlli su immigrati e comunità islamiste.
L'Europa continua, invece, a comportarsi come se il terrore islamista non fosse affare suo. Come se le comunità musulmane estremiste delle sue città non ne fossero il brodo di cultura. L'esistenza d'enclave come Molenbeek - agglomerato di 90mila abitanti a due chilometri e mezzo dal centro di Bruxelles dove gli islamisti dettano legge - la violenza delle banlieue francesi, dove la rabbia dei casseur anni Novanta si trasforma in odio terrorista grazie alla predicazione degli imam lasciati penetrare nelle carceri e alla propaganda dello Stato Islamico, sono la palpabile dimostrazione della resa europea. In quest'Europa i supposti valori dell'integrazione e della convivenza diventano la scusa per l'inerzia lassista di governi che rinunciano ad imporre legge ed ordine pubblico.
Motivo per cui oggi né Parigi, né Bruxelles, ma neppure Roma, Londra, Madrid e Berlino, sono in grado di dire quante centinaia o migliaia di «quinte colonne» del Califfato s'annidino nel proprio ventre molle. A questo s'aggiungono le lacune di apparati di sicurezza sottodimensionati. Come ricordava l'ex dirigente dell'intelligence francese Louis Caprioli, i servizi segreti di Parigi non hanno personale sufficiente a controllare le «fiche S» che identificano i sospetti attivisti e complici del terrore. E a stento seguono le attività dei 1850 attivisti che hanno legami con Al Qaida e Stato Islamico. Per non parlare delle preoccupazioni sulla riservatezza che, anche dopo la strage di Charlie Hebdo, impediscono a Bruxelles di raccogliere i dati sui passeggeri delle compagnie europee.
A rendere il tutto più pernicioso s'aggiunge, dopo il 2012, il fenomeno dei cinquemila volontari della jihad partiti dall'Europa. Davanti a quegli apprendisti terroristi e all'indifferenza di una Turchia pronta a garantire libero transito sui propri territori non c'è governo europeo che si prenda la briga d'affrontare l'«alleato» Erdogan chiedendogli di porre fine all'evidente connivenza con i reclutatori dello Stato Islamico. L'indolenza più impressionante si registra però nel campo della difesa. Mentre, dopo il 2014, lo Stato Islamico si espande e inneggia alla conquista di Roma, dell'Andalusia e dell'intera Europa, l'Unione preferisce illudersi che tutto si possa risolvere grazie alla campagna aerea, più dimostrativa che sostanziale, di Washington.
Così dietro il paravento propagandistico di un Cameron - pronto, ieri, ad offrire a Hollande l'uso delle sue basi a Cipro - Parigi e Londra fanno i conti con una totale inadeguatezza militare.
Mentre la Francia deve implorare l'aiuto dei partner europei per superare la paralisi di una Nato bloccata dall'indifferenza statunitense e dell'ambiguità turca, una nazione come l'Inghilterra - tradizionalmente assai vigile nel campo della difesa - realizza che i tagli alle spese militari degli ultimi anni rendono impossibile uno schieramento efficace lungo l'asse di un Califfato estesosi dall'Irak alla Libia, dalla Siria al Sinai, dal Mali alla Nigeria.E così l'Europa colpita al cuore rischia di non poter far di meglio che attendere il colpo di grazia.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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