È arrivata in ospedale per un'otite, ma quando i medici l'hanno visitata per una sospetta meningite si sono trovati di fronte un'intossicazione da cocaina e benzodiazepine: nel sangue della bambina lucchese di 14 mesi giunta venerdì notte al pediatrico Meyer di Firenze in condizioni critiche c'erano tracce di stupefacenti e ansiolitici. Gli esami tossicologici non hanno lasciato dubbi ai medici, che esterrefatti hanno chiamato le forze dell'ordine, e la vicenda ha preso assunto i contorni di un vero e proprio giallo.
Mentre nel reparto di terapia intensiva i medici lavoravano per scongiurare che le condizioni della piccola potessero precipitare l'ultimo bollettino ha escluso che la bimba sia in pericolo di vita polizia e magistratura si sono messe in azione per cercare di ricostruire i fatti. A partire da un elemento: come è possibile che una bambina di 14 mesi sia riuscita a ingerire tali sostanze? Gli scenari su cui stanno indagando gli inquirenti sono molteplici, e partono dal ricostruire gli spostamenti della bimba e dei suoi genitori: potrebbe essere stato un «normale» incidente domestico oppure un contatto col seno della madre, o ancora una somministrazione volontaria da parte di qualcuno.
Gli investigatori della procura di Lucca non scartano alcuna ipotesi, e ieri hanno effettuato interrogatori e perquisizioni. Si cerca di ripercorrere i luoghi frequentati dalla bimba, dalla famiglia alle case dei nonni fino all'asilo e spazi per l'infanzia, nonché le persone con cui può essere venuta in contatto. Padre e madre sono italiani, non hanno ancora 30 anni, lui lavora mentre lei è casalinga. Dopo il ricovero sono stati molto presenti, mostrando apprensione per le sorti della figlia, e i medici sostengono che l'affettività familiare sia normale: niente coppia allo sbando, storie di disagio o situazioni problematiche. Oltre casa, la bambina frequenta anche casa dei nonni, che si prendono cura di lei quando i genitori sono impegnati. Non è ancora in grado di camminare, per cui sembra abbastanza improbabile che sia arrivata da sola fino a un cassetto, a un ripiano o a uno sportello con farmaci come Tavor, Xanax, Lexotan e Valium (spesso difficili da aprire) o la cocaina. Inoltre sia la droga che gli ansiolitici hanno un sapore amaro, e ciò lascia escludere che la bambina se li sia infilati in bocca dopo averli trovati chissà dove.
Vista l'età non è più allattata al seno, quindi è impossibile che si sia intossicata attraverso il latte materno a meno che la mamma non l'abbia attaccata al seno per consolarla, calmandola. L'alternativa è che qualcuno glieli abbia somministrati in qualche modo. Anche questa è un'ipotesi che appare poco credibile: il procuratore facente funzioni Fabio Origlio non ha voluto dire niente sulle indagini, trincerandosi dietro un no comment. Le ipotesi di reato possono andare dalle lesioni (volontarie o colpose) alla cessione di sostanze stupefacenti o psicotrope, con l'aggravante della somministrazione a un bambino.Fra l'altro le due sostanze trovate nel sangue della piccola vengono utilizzate per finalità opposte: la cocaina per stimolare e le benzodiazepine per calmare. Se è più facile ipotizzare l'uso di un ansiolitico per quietare un bambino e farlo dormire, è impensabile che gli si somministri della cocaina: inoltre, gli effetti delle diverse sostanze si sommano, con il rischio di provocare un arresto respiratorio. La piccola è arrivata a Firenze in condizioni critiche, in stato soporoso, e ai medici è stato necessario diverso tempo per rendersi conto di cosa le fosse accaduto.
Come detto, il rischio di morte è scongiurato: «Le condizioni sono stabili e le funzioni vitali sono autonome, teniamo la bimba in osservazione ma non è in pericolo di vita» ha spiegato Lorenzo Mirabile, direttore della rianimazione dell'ospedale pediatrico Meyer.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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