Abbiamo evitato una figuraccia

Si potrà dire tutto sul governo Monti, tranne una cosa: la lungimiranza nel saper stoppare le fregole italiane di ospitare le Olimpiadi a Roma nel 2020

Abbiamo evitato una figuraccia

Si potrà dire tutto sul governo Monti, tranne una cosa: la lungimiranza nel saper stoppare le fregole italiane di ospitare le Olimpiadi a Roma nel 2020. «Non ce la sentiamo di impegnare il nostro futuro economico. Non rischiamo i soldi degli italiani», disse realisticamente il premier nel febbraio 2012 senza lontanamente immaginare che cosa avrebbe vissuto il mondo nel 2020. Adesso nessuno sembra ricordarsene, ma forse bisogna ringraziare questo professore che, senza saperlo e pensando di prevenire altri guai, ci ha evitato l'Olimpiade più sfortunata della storia. Chiedete al premier Suga e alla signora Hashimoto, presidente del comitato organizzatore di Tokyo 2020, quanto costeranno ai giapponesi questi Giochi senza pubblico e senza turisti.

Quattro anni più tardi, con Matteo Renzi imperante, toccò alla signora Raggi, sindaco di Roma, porre il veto a un'altra operazione sul filo dell'equilibrismo: la candidatura riproposta per il 2024. «Le Olimpiadi sono un assegno in bianco che firmano le città ospitanti», disse la sindaca pentastellata. Non sappiamo se le ragioni addotte allora dalla Raggi («Vogliamo evitare un'altra colata di cemento su Roma come fu per i Giochi del 60») potevano essere plausibili, ma, senza evocare gli sprechi di Italia '90, immaginiamo come sarebbe andata la preparazione dei Giochi, con il Campidoglio in mano ai grillini fino ad oggi in una città che non ha ancora trovato una soluzione per lo stadio della Roma e perde i pezzi nel resto dell'impiantistica sportiva, dal Palaeur inutilizzato al Flaminio abbandonato. Non solo, ma, vista la situazione delle infrastrutture, ci sarebbe stato da lavorare dieci anni per avere una città all'altezza delle Olimpiadi. Basti pensare allo stato delle metropolitane.

Certo, i politici dal tweet facile fanno in fretta a innamorarsi dei Giochi quando arrivano i risultati. Poi però chiediamoci che cosa fanno di concreto per lo sport. Non dimentichiamoci che la stessa classe politica che adesso si esalta per le quaranta medaglie è quella che per poco riusciva a non mandarci a Tokyo, grazie a una riforma del Coni andata di traverso al Cio e rimediata in extremis.

Tutti pronti a salire sul carro dei vincitori, ma poi chiedete ai ciclisti dell'inseguimento dove vanno ad allenarsi? O perché a Milano, che si riempie la bocca per i Giochi invernali del '26, non c'è un palasport o una pista di atletica per far gareggiare Filippo Tortu. Proprio uno degli eroi dell'Italia olimpica.

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