Guerra in Ucraina

Accordi, affari e leadership. Così la Cina colonizza la Russia e tiene il piede in due scarpe

I legami con la Russia, simboleggiati da un patto di collaborazione fino al 2030 e dall'invito a Putin a Pechino, sono cruciali nel nuovo ordine mondiale

Accordi, affari e leadership. Così la Cina colonizza la Russia e tiene il piede in due scarpe

I legami con la Russia, simboleggiati da un patto di collaborazione fino al 2030 e dall'invito a Putin a Pechino, sono cruciali nel nuovo ordine mondiale. È questo il messaggio più importante che Xi Jinping invia al mondo al termine della seconda giornata della sua visita a Mosca. Il presidente cinese vuol tenersi stretta la Russia perché è un elemento imprescindibile del suo disegno per porre fine all'egemonia globale americana che dura dalla fine della Guerra Fredda. E questo nonostante sia consapevole che, aggredendo l'Ucraina tredici mesi fa, Vladimir Putin ha commesso un grave errore, che ha causato una serie di conseguenze esattamente contrarie ai suoi obiettivi di partenza: l'Occidente non ha ceduto ai suoi ricatti energetici e le due rive dell'Atlantico si sono unite contro Mosca, la Nato si è rafforzata invece che sbandare ed è addirittura sul punto di accogliere Finlandia e Svezia, il bluff dello strapotere militare russo è stato smascherato, Putin perfino personalmente è isolato come non mai.

Eppure alla Cina il rapporto ancor più stretto con Mosca annunciato ieri conviene sotto ogni profilo. Economico: una Russia indebolita e costretta a non perdere una guerra che non può vincere ha bisogno assoluto di un partner forte, e alla Cina pur di sopravvivere Putin venderà sottocosto quelle preziose materie prime che l'Europa non gli comprerà più, oltre a dover accogliere in Russia le sue imprese. Politico e geostrategico: il disegno egemonico cinese ostile all'Occidente trae solo vantaggi dal sostegno di un partner vassallo. E tenendo la Russia di Putin nel suo campo, Xi evita il rischio di in futuro ribaltone filoccidentale a Mosca per mano di un ipotetico nuovo governo.

Archiviata una seconda giornata dedicata ai temi concreti della politica e dell'economia è il momento di chiedersi che cosa Xi Jinping porterà a casa da questa missione. Punto primo: questo viaggio non è stato pensato solo per intendersi con Putin come pensiamo noi da un'ottica occidentale, ma anche per proiettare nel mondo (quello vasto e popoloso che con l'Occidente ha sempre meno a che fare, dall'India all'America Latina all'Africa) l'immagine di una Cina potente e in grado di porsi come alternativa globale agli Stati Uniti. Secondo punto, porre basi sempre più solide per la creazione di un'area economica in cui il dollaro americano potrà essere sostituito come moneta di scambio dallo yuan cinese: e la Russia sotto sanzioni occidentali ieri l'ha già accettato.

Xi deve anche fare l'equilibrista su almeno tre questioni. La prima è approfittare dell'indebolimento del partner russo per tenerselo sotto l'ala, ma senza superare la soglia di rischio del crollo del suo regime: da qui l'invito che ieri il leader cinese ha rivolto a Putin a visitare Pechino entro l'anno, per far capire che le minacce di arresto da parte della Corte dell'Aja lo lasciano indifferente. La seconda, delicatissima, è sfidare in combutta con Putin l'Occidente senza però perdere gli enormi vantaggi che il libero commercio con esso arreca alla Cina: Xi ha bisogno dei nostri soldi per garantirsi pace sociale in patria, da qui l'impossibilità di vendere armi a Mosca e la sua dichiarazione (falsa) della vigilia secondo cui l'alleanza russo-cinese «non è diretta contro nessuno». La terza (impossibile) è la pretesa di svolgere un ruolo di credibile mediatore con l'Ucraina pur stando completamente dalla parte di Putin e rifiutandosi di condannare la sua invasione: ieri Zelensky ha detto di star sempre aspettando da Xi fatti concreti che non arrivano.

C'è infine da registrare che, mentre Xi era a Mosca, il premier giapponese Kishida si è presentato a Kiev per offrire sostegno a Zelensky.

Plastica rappresentazione di una rivalità tra Tokyo e Pechino che esce dai confini regionali dell'Estremo Oriente per assumere ormai dimensioni globali.

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