Addio al grande diplomatico che univa imprese e politica

Manager e gentiluomo, è scomparso ieri a Milano a 82 anni. La lunga collaborazione con il Cavaliere

Addio al grande diplomatico che univa imprese e politica

Bruno Ermolli scomparso ieri a Milano a 82 anni - diceva di sé, non senza un pizzico di falsa modestia: «Io sono un uomo in grigio, un semplice consigliere che per mestiere sta dietro le quinte». Consigliere, nel suo caso, voleva dire in realtà regista, tessitore, diplomatico. Con l'obiettivo di ottenere efficienza, razionalità, organizzazione, profitto in senso economico e in senso lato; virtù milanesi, le stesse che incarna, virate alla romana, un Gianni Letta, maestro della politica fatta sottovoce, negli angoli più appartati dei rinfreschi. Ermolli era un uomo di velluto, schivo ma non rinunciatario, di aplomb inglese ma capace di slanci mondani. La sua villa di Varese, per la festa d'inizio estate, era una meta d'obbligo per quel mondo politico-imprenditorial-amministrativo che gli stava così a cuore. Il concorso ippico intitolato al padre Guido nell'ippodromo della città, è stato sempre l'occasione per le donne potenti di sfoggiare cappellini e abiti di chiffon, per gli uomini di rango di ritrovarsi a indugiare su un prato, alternando frivolezze e grandi affari. Non che Ermolli fosse un cavallerizzo. Gli sport che gli vengono attribuiti sono la scherma in gioventù e il golf in età da arrivato.

A Varese quell'uomo in grigio era nato, nel 1939, poi ha fatto studi economici e si è impiegato in un'azienda scalando in fretta la carriera. A trent'anni, intuendo il momento giusto in un'Italia che cominciava a parlare di formazione, organizzazione ed efficienza, fonda a Milano Sin&rgetica, la propria società di consulenza. Poco dopo, infastidito dalla mentalità che soffoca uno Stato mal gestito, fonda la Federazione del terziario avanzato, con la quale intende far capire a tutti che dalla peggiore burocrazia si può guarire. Intorno al 1990 quest'uomo di bell'aspetto e di maniere signorili viene presentato da Fedele Confalonieri a Silvio Berlusconi; l'occasione era una riorganizzazione della Standa, in realtà l'incontro diventa molto di più. I due si capiscono al volo, scocca la cosiddetta scintilla, Ermolli ben presto è il consigliere più ascoltato, il lunedì mattina ha appuntamento fisso ad Arcore, indica persone e ruoli, suggerisce strategie e comportamenti. Il suo perimetro, finora fatto di economia e di azienda, si allarga e lui passa a disegnare le caselle giuste per i politici giusti; meglio, per gli uomini giusti. Silenziosamente, senza alcuna forzatura. L'intuito per le persone è la sua grande specialità. Nemmeno tante patinate presidenze gli avrebbero dato tanto potere. Berlusconi lo vuole ministro, lui declina, resta nell'ombra.

Qualche esempio. È lui che presenta al sindaco Gabriele Albertini Stefano Parisi, che diventerà il primo direttore generale del Comune di Milano. La riforma amministrativa che permise di riavviare la macchina municipale, puntando al risultato e non alla sterile esecuzione delle procedure, fu chiamata proprio Ermolli-Parisi. Ermolli fu forse il primo a individuare in Letizia Moratti il sindaco da far succedere ad Albertini, fu sempre lui a indicare Giuseppe Sala prima come manager per il Comune, poi per l'Expo. Si potrebbe continuare a lungo, anche su altri fronti: Stéphane Lissner, dal 2005 al 2015 sovrintendente e direttore artistico della Scala, fu presentato proprio da Bruno Ermolli, vicepresidente del teatro per 15 anni: si conobbero in Costa Azzurra. Qui Ermolli andava orgoglioso della sua villa a Saint-Tropez, che gli permetteva di dominare dall'alto su albe e tramonti. Agli ospiti faceva assaggiare il vino che produceva nei suoi vigneti ricambiato da commenti di ammirazione. In rada talvolta ormeggiava il suo panfilo Berlusconi, che risaliva le rocce felice dei successi di uno dei suoi prediletti. Tanto apprezzato da avergli affidato per un lungo tirocinio al business i figli Marina e Pier Silvio.

Maestro di sinergie come fa intuire il logo della sua società Ermolli ha messo insieme alcuni ruoli apparentemente distanti, per creare, appunto, nuova ricchezza da intrecci non immediati. La chiave è stata la Promos, la società della Camera di commercio di Milano per l'internazionalizzazione, che ha guidato come presidente per lunghi anni. In rappresentanza della Promos ha assunto la vicepresidenza della Scala e qui, da uomo accorto, ha messo insieme arte e sponsor, musica e promozione. È stato tra i primi a capire che la Scala era un grande marchio da sfruttare e valorizzare. Ha lavorato sul fronte delle imprese per aiutare materialmente un'istituzione sempre alla ricerca d'ossigeno, ma ha anche portato l'orchestra in giro per il mondo per promuovere made in Italy, made in Lombardia o made nel Mediterraneo altra sua passione. È riuscito ad allestire un programma sinfonico nel Ghana alla ricerca chirurgica di qualche voto in più per l'Expo a Milano.

Per l'esposizione si è speso in prima persona, in maniera visibile ma soprattutto, come al solito, invisibile. Alla serata della proclamazione, a Parigi densa di tensione anche a causa di un primo annuncio sbagliato lui, uomo pudico e di aplomb impeccabile, fu visto per la prima volta saltellare in pubblico con la gioia di uno scolaretto e abbracciare chi gli stava accanto. Con Carlo Sangalli, il presidente di Confcommercio, fu un'insolita parentesi gioiosa in trent'anni di un'amicizia affidata a sorrisi e strette di mano, che ripresero dal giorno dopo. Qualche anno prima Ermolli si era speso anche per costituire, su input del Cavaliere, quella sfortunata cordata di «capitani coraggiosi» che rilevò Alitalia. Il suo mandato ebbe successo e fu lautamente ricompensato; il coinvolgimento degli azionisti finì invece, come si sa, in un bagno di sangue. E la compagnia oggi è di nuovo commissariata.

La Scala significò anche musica, e qui le testimonianze si dividono un po'. Stando a Fedele Confalonieri, pianista di livello, la cultura musicale di Ermolli non era pari a quella economica: «L'organigramma ha vinto sul pentagramma» è una sua pungente frase non dimenticata. A Ermolli si attribuisce una venerazione per Wagner, nume della potenza sonora e dell'elevazione dello spirito, ma anche una più garbata e intima passione per Puccini, per le cui celebrazioni ricevette anche un premio. Qualcuno giura di averlo talvolta sentito canticchiare, sottovoce, il Coro a bocca chiusa della Butterfly; ma un Ermolli che canticchia è difficile da immaginare. Il resto è cronaca. Elenchiamo a caso: oltre agli incarichi citati è stato consigliere di Fininvest, Mediaset, Fondazione Cariplo, Mondadori, Mediolanum, Mediobanca, Pellegrini, Università Bocconi, Politecnico di Milano, Censis, senior advisor di JpMorgan.

Tra i riconoscimenti ricevuti l'Ambrogino d'oro, massima onorificenza milanese, nel 2001 e quella di Cavaliere del Lavoro nel 2002. Come consulente di alta organizzazione si sono rivolti a lui i più grandi gruppi italiani. Per quel che conta, è stato due volte ospite di Porta a Porta.

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