Affossato il salario minimo. Opposizioni su tutte le furie

Un emendamento del centrodestra affronta il tema "equa retribuzione" e sopprime la proposta di legge di Conte & C.

Affossato il salario minimo. Opposizioni su tutte le furie
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Il salario minimo, come lo voleva il centrosinistra, non vedrà mai la luce. Ieri in Parlamento la proposta unitaria del centrosinistra, basata su una soglia minima di 9 euro lordi l'ora per legge, è stata completamente soppressa. La maggioranza intende delegare al governo un'iniziativa in materia di «equa retribuzione» e rafforzamento della contrattazione collettiva. Prevista inoltre una stretta sui contratti pirata per contrastare concorrenza sleale ed evasione fiscale.

Il testo del centrodestra, firmato da tutti i capigruppo in commissione Lavoro alla Camera ha mandato in soffitta il pdl del leader M5s Giuseppe Conte. «Umiliano il Parlamento», ha tuonato l'ex premier e «lo fanno per perdere tempo e sfiammare questa ondata che si è alzata nel Paese». Abbandona ogni speranza il battagliero leader della Cgil, Maurizio Landini. «Il salario minimo non si farà mai», ha commentato. Il capogruppo alla Camera di Fdi, Tommaso Foti, ha ricordato che il centrosinistra avrebbe dovuto «occuparsi di lavoro povero quando era al governo».

Le due deleghe al governo sono contenute in un emendamento in due articoli, soppressivo di tutta la proposta unitaria del centrosinistra. La prima parte dovrà essere attuata entro 6 mesi dall'approvazione del testo attraverso decreti legislativi ed è volta a «garantire a ogni lavoratore e lavoratrice una retribuzione equa e sufficiente» nel rispetto dell'articolo 36 della Costituzione. Un obiettivo da raggiungere «rafforzando la contrattazione collettiva» e prendendo a riferimento i «trattamenti economici complessivi minimi dei contratti collettivi nazionali maggiormente applicati». Nella proposta della maggioranza non si utilizza mai il termine salario né viene indicata una cifra minima di retribuzione. Si fa comunque riferimento a misure per «assicurare ai lavoratori trattamenti retributivi giusti ed equi».

Rafforzato il ruolo del ministro del Lavoro. «Per ciascun contratto scaduto e non rinnovato entro i termini previsti dalle parti sociali o comunque entro congrui termini - si legge nel testo - e per i settori nei quali manca una contrattazione di riferimento» si prevede «l'intervento diretto del ministero» per «adottare le misure necessarie». Nel caso di assenza di un'intesa tra parti sociali il riferimento sarà costituito dai «trattamenti economici minimi» previsti da settori affini. Tra gli obiettivi delle norme proposte anche una «riforma della vigilanza del sistema cooperativo» e norme per «disciplinare modelli di partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili di impresa».

Nel testo spunta anche, tra i principi, quello di «favorire lo sviluppo progressivo della contrattazione di secondo livello» anche «per fare fronte alle diversificate necessità correlate all'incremento del costo della vita e alle differenze dei costi su base territoriale».

Un riferimento chiaro a una proposta di legge recentemente presentata dalla Lega. E come in quell'occasione anche ieri le opposizioni hanno lanciato l'allarme del ritorno delle «gabbie salariali». Anche qui Conte non ha potuto fare a meno di inveire a «una prospettiva scellerata».

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