Alfano all'assalto della manovra: "Non la votiamo"

Alleanza popolare chiede modifiche sul bonus bebè. Gentiloni: "In Parlamento ce la faremo"

Alfano all'assalto della manovra: "Non la votiamo"

Roma - Il «sentiero stretto» della manovra non ha impedito alle forze politiche rappresentate in Parlamento di alzare le rispettive bandiere sulla legge di Bilancio. Ieri, con il disegno di legge appena approdato al Senato, è stato il giorno dei posizionamenti.

In particolare Alleanza popolare di Angelino Alfano ha minacciato di non votarla se non saranno introdotte modifiche su famiglia e sull'equo compenso dei professionisti. «Ci sarà molto da lavorare» e la manovra «dovrà essere radicalmente modificata», è l'avvertimento dei presidenti dei gruppi di Senato e Camera Laura Bianconi e Maurizio Lupi.

Sulla famiglia la richiesta del partito di Angelino Alfano è il «rifinanziamento del bonus bebè». Poi, sull'equo compenso degli avvocati, norma stralciata dal presidente del Senato Pietro Grasso «La nostra contrarietà è ferma e come Alternativa popolare sosteniamo la proposta di introdurre l'equo compenso non soltanto per gli avvocati ma per tutti i professionisti. Siamo, infatti, convinti che si tratti di una misura di civiltà, di equità e di giustizia verso quelle migliaia di lavoratori professionisti che contribuiscono in maniera importante allo sviluppo dell'economia di questo Paese». Senza modifiche, questa manovra così «è difficile da votare».

Problemi anche a sinistra, anche se in questo caso il voto contrario è stato messo in conto. Mdp ha presentato 28 emendamenti al decreto fiscale collegato alla manovra, per chiedere, tra l'altro, l'abolizione del superticket, lo stop alla rottamazione delle cartelle di Equitalia e il rinvio a giugno della decisione sullo scatto automatico dell'età pensionabile. «Se gli emendamenti al decreto fiscale saranno respinti, molti saranno ripresentati durante l'esame della legge di Bilancio», fa sapere la presidente dei senatori Mdp, Cecilia Guerra.

Il premier Paolo Gentiloni ieri si è detto certo che i numeri in Parlamento ci saranno. Ma è difficile che il governo tocchi misure che modifichino i saldi della manovra. Indispensabile, quindi, il sostegno dei verdiniani al Senato. Ma se anche Alleanza popolare dovesse sfilarsi, anche il supporto di Ala potrebbe non bastare.

Il clima sulla legge di Bilancio non è sereno e lo dimostra ancora una volta il dl fiscale. Gli emendamenti presentati in commissione Bilancio del Senato sono circa 1.000. Ben 238 a firma di senatori del Pd. Il loro esame comincerà mercoledì 8 novembre, dopo le audizioni sulla legge di Bilancio.

Dopo due giorni, il 10 novembre, scade il termine per la presentazione degli emendamenti alla legge di Bilancio, che ieri è approdata a Palazzo Madama.

Il presidente Grasso ha aperto la sesssione di Bilancio e ha subito stralciato dalla legge quattro misure introdotte dal governo. A saltare, oltre all'equo compenso degli avvocati, i fondi ai partigiani cristiani, la cybersecurity, la velocizzazione delle procedure esecutive, quella sulle associazioni combattentistiche che ricevono un contributo dallo Stato.

La partita per il governo è delicatissima. La lettera della Commissione europea della settimana scorsa è di fatto un commissariamento della manovra. La risposta data dal ministro Pier Carlo Padoan, ieri è finita sotto il tiro di Forza Italia.

È «ridicola e contraddittoria», ha attaccato Renato Brunetta, presidente dei deputati Fi. «Il ministro si è «trincerato dietro deboli scuse». E la manovra è «fatta di bonus, mance e marchette elettorali: indecente e inaccettabile».

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