Amore, religione o politica. Così la passione rinnova l'uomo

Innamoramento, conversione, fondazione di un partito: è il momento in cui individui e istituzioni sperimentano una forza primigenia

Amore, religione o politica. Così la passione rinnova l'uomo

«C'è una saggezza che vince ogni pessimismo e ogni depressione», ed è quella passione che fa scorrere in noi una vita di estrema intensità, che ci rende invincibili e fa scomparire le nostre paure: è il cosiddetto «stato nascente», ossia La passione che ci fa vivere (Piemme, pagg. 158, euro 15,50), come si intitola il nuovo libro di Francesco Alberoni, in libreria da oggi. Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo un estratto del secondo capitolo.

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L'uomo non solo è insoddisfatto della sua natura, ha anche un'idea, un'intuizione di uno stato incredibilmente più perfetto e più felice. Ogni tanto l'uomo intravede una superumanità, e un nuovo uomo. Vi è un'esperienza che noi facciamo, di quando in quando, nella nostra vita e che i gruppi sociali e i popoli incontrano nella loro storia. Io l'ho chiamato stato nascente. Infatti non è un modo di essere stabile, duraturo, ma è come un nascere, un risvegliarsi, uno scoprire che il possibile è aperto davanti a noi, che il mondo può essere meraviglioso e che tutto ciò che è stato finora, quella che chiamiamo la vita reale, era, in realtà, una povera vita inautentica, dolorosa.

Nello stato nascente noi rompiamo le barriere che ci tengono stretti, spezziamo le norme della società a cui ubbidiamo tremando perché, ora, ci sentiamo portatori di diritti che nessuno può più conculcare. Ci sentiamo in comunione profonda con gli altri uomini, con tutti gli altri uomini. E se ci ribelliamo e combattiamo contro chi ci ostacola è perché costoro, ai nostri occhi, non impediscono solo la nostra particolare soddisfazione, ma perché si oppongono a un piano generale di liberazione, anche alla loro stessa liberazione. In questo stato sentiamo scorrere in noi una vita di estrema intensità, diventiamo infaticabili e tutte le nostre paure scompaiono. Scompare anche la paura della morte perché non si ha paura di morire quando si ha l'impressione di muoversi verso ciò che è vero, giusto e bello. Ci accorgiamo allora anche che tutti gli uomini, un giorno, potranno diventare fratelli, costituire un'unità di ordine superiore, unanime, dove tutti restano liberi e, nello stesso tempo, tutti vogliono la stessa mèta. E ci dimentichiamo degli interessi meschini e volgari perché privi di importanza. \

Lo stato nascente, comunque, non è l'approdo nel porto paradisiaco, è l'aprirsi di una porta sull'essere, un intravederlo nella sua splendente perfezione. Quando proviamo questa esperienza? Innanzitutto quando ci innamoriamo. Innamorarsi non è soltanto essere attratti da una persona, vederla bella e desiderabile. È un mutamento interiore di tutto l'essere; noi vediamo l'amato diverso perché siamo diventati diversi. La nostra sensibilità si è centuplicata, i colori sono diventati luminosi, i suoni limpidi. Per il fatto di amare lui, il nostro amato, anche tutte le altre persone ci appaiono in altro modo. Innanzitutto più umane. Mentre prima quasi non le vedevamo, ora riusciamo a intuire i loro sentimenti, è come se fossimo diventati capaci di metterci in comunicazione con loro. Non abbiamo più voglia di mentire. Soprattutto con noi stessi e con l'amato. Ripercorriamo, nel ricordo, la nostra vita e ci accorgiamo che, prima di aver incontrato chi amiamo, questa vita era meschina, insipida. L'amato non è la perfezione, noi vediamo i suoi difetti; se è piccolo, o magro, o ha il naso lungo, oppure corto. Ma tutte queste cose cessano di diventare difetti, perché noi riusciamo ora a vederne la essenzialità e il valore. I nostri occhi diventano capaci di scoprire la bellezza dell'essere così come è. E se l'amato ci dice di sì, allora siamo felici e vorremmo che il tempo si fermasse, e vorremmo che tutti gli altri esseri umani fossero anch'essi felici, e tutta l'umanità e tutto l'universo a cui ci sentiamo intimamente, solidarmente uniti.

Ma lo stesso tipo di esperienza l'abbiamo se, nella nostra vita, ci accade di convertirci a una fede, sia essa religiosa o politica. Anche la conversione è una rivoluzione interiore, una metànoia , come diceva san Paolo, attraverso cui la nostra vita passata e il mondo, così come ci era apparso finora, diventano privi di valore. E, davanti a noi, si apre un nuovo mondo che ci attrae e ci spaventa, perché è il meraviglioso e il terribile, perché convertirsi significa lasciare tutto ciò che è noto, affrontare il disprezzo della gente, l'incomprensione degli amici, l'incertezza che continuamente si affaccia dentro di noi. Lo stato nascente non è un pacifico stato di certezza. Nell'amore, come nella conversione, noi ci buttiamo in un rischio esistenziale, gettiamo la nostra vita al di là, verso la speranza luminosa senza sapere - perché nessuno ce lo può dire - se la via è percorribile. Quando ci innamoriamo non sappiamo se saremo riamati con la stessa terribile forza che ci trascina. In realtà non sappiamo neppure con sicurezza se amiamo. Ci accorgiamo di amare perché il pensiero dell'amato ci ritorna continuamente in mente anche se lo vogliamo scacciare, perché ci assale un desiderio di piangere, un bisogno di rivedere i suoi occhi sia pure per un istante, di sentirci accarezzare sia pure per l'ultima volta. Ci accorgiamo che siamo innamorati perché il nostro amore ci si impone. Ma non siamo certi dell'amore dell'amato; potrebbe essere un'infatuazione, un capriccio e, infatti, abbiamo bisogno di chiederglielo continuamente: mi ami? L'amore è un gettarsi nell'abisso del tutto e del niente; è vedere la luce e correrle incontro, anche a rischio della vita. Ma lo stesso avviene nella conversione. Il dio che ti è apparso è una realtà o un'illusione? La fede politica manterrà la sua promessa? Anche qui i dubbi ritornano. Tutti gli spiriti religiosi hanno parlato dei dubbi, delle tentazioni, delle paure. I mistici anch'essi perdono Dio e si sentono smarriti nella «notte oscura».

Oltre che nell'innamoramento e nella conversione, lo stato nascente si manifesta nella formazione dei nuovi movimenti, dove è come se molti individui si convertissero simultaneamente, e il gruppo è un'unità sociale di ordine superiore. Dobbiamo pensare al nascere delle sette nel clima infuocato della riforma protestante, al sorgere dei partiti socialisti, utopistici o marxisti, nell'effervescenza collettiva del '900.

Dobbiamo pensare al ribollire di speranze dell'America degli anni '60, con i movimenti per i diritti civili, contro la guerra nel Vietnam, gli hippy... Ebbene, in tutte queste esperienze di stato nascente, che l'umanità conosce da migliaia e migliaia di anni, vi è sempre, ricorrente, l'idea dell'uomo nuovo.

© 2015 – Edizioni Piemme

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