Anatomia di un perdente di successo

Se per Renzi il vento è cambiato, il motivo non è misterioso né legato a sentimenti e risentimenti dell'elettorato

Anatomia di un perdente di successo

Il lettore non si allarmi: il presente articolo non analizza tecnicamente il voto, compito che lascio volentieri svolgere ai colleghi appassionati della materia. Mi preme invece dire che, se il vento è cambiato, il motivo non è misterioso né legato a sentimenti e risentimenti dell'elettorato. I cui umori sono sì mutevoli, ma determinati da cose concrete. I cittadini si sono fidati di Matteo Renzi perché questi prometteva bene, come quei ragazzi che alle medie inferiori sono brillanti e i cui genitori progettano per loro un futuro radioso. Poi, non si sa perché, certi studenti, passati al ginnasio, si bloccano alle prime difficoltà e non si schiodano più. Diventano asini e si fanno bocciare. Bisogna trasferirli in altra scuola.

Così Matteo. Un inizio folgorante. La gente pensò: finalmente un politico deciso, uno che fa senza guardare in faccia a nessuno, né ai compagni di partito rimasti con un piede nella caverna del Pci, né ai sindacati paleolitici. Quando egli ricoprì la carica semestrale di presidente dell'Unione europea, molti italiani erano convinti che, magari lavorando in sordina, sarebbe riuscito a imporre la propria politica, rivalutando l'Italia e il suo ruolo in ambito comunitario. Speravamo che il Belpaese avrebbe contato di più e sarebbe stato in grado di ottenere una migliore disciplina nella spartizione dei migranti sbarcati sul nostro suolo.

I connazionali avevano talmente creduto in tutto questo da votare in massa per il Pd alle elezioni europee del 25 maggio 2014. Matteo si gloriò del 40 per cento di suffragi collezionati. Un record. Ma, a differenza del ceto politico, il tempo è galantuomo. Trascorso un anno dal descritto successo alle urne, la gente si è accorta che Renzi, nonostante fosse rimasto seduto sei mesi sul più importante scranno della Ue, non era stato capace di portare a casa un risultato utile, benché minimo. Nulla. L'Italia difatti seguita ad essere un peso piuma fra tanti colossi che fanno la voce grossa a Bruxelles, e deve provvedere a grattarsi la rogna degli immigrati. Era fatale che i compatrioti alla prima occasione l'avrebbero fatta pagare al signor premier, bastonandolo alle regionali e, in rapida successione, ai ballottaggi per i sindaci dei capoluoghi.

Una batosta se si considerano le aspettative del Pd. Il presidente del Consiglio è stato ridimensionato e adesso i suoi stessi sodali cominciano a dubitare di lui: dice tante parole, ma non è di parola. Non c'è nulla di peggio per chi sia impegnato in politica che costruirsi una fama di fanfarone inconcludente. La questione degli extracomunitari in effetti non ha mai preoccupato il Rottamatore; egli l'ha trascurata e ne è stato travolto. Pochi si illudono che il millantato piano B sia una cosa seria: quasi tutti giurano che si tratti del solito bidone.

Intanto le nostre città vengono invase da disperati e non s'intravede uno straccio di soluzione, mentre si annuncia l'imminente arrivo sulla penisola di 500mila profughi e clandestini. Data l'assoluta inerzia del governo e la totale insensibilità della Ue, per nulla rabbonita da Renzi durante la sua presidenza, c'è poco da stupirsi se il centrodestra abbia rialzato la testa e abbia recuperato competitività.

C'è poi un punto non secondario su cui riflettere. Renzi ha voluto a ogni costo che fosse Federica Mogherini a occupare il posto di Alto rappresentante per gli Affari esteri e la politica di sicurezza della Ue, suscitando perplessità sia nella maggioranza sia nell'opposizione. Perplessità che si sono trasformate presto in sconcerto: la signora, con rispetto parlando, è inadeguata a simile incarico. Non si nota, non si sente, è ininfluente. Ella, per carità, è una persona civile, gentile, educata, laureata in scienze politiche alla Sapienza di Roma con una tesi sul rapporto tra religione e politica nell'islam, che tuttavia la dottoressa non ha messo a frutto poiché non ha mai pronunciato nemmeno un discorsino sul pericolo incombente del terrorismo islamista. Da lustri è in politica: ha iniziato nel movimento giovanile del Pci, di seguito ha aderito alle varie mutazioni di questo partito, è stata aiutante di Walter Veltroni, insomma è cresciuta a pane e partito, evitando con cura di fare un lavoro vero. Finché, grazie a Renzi, è stata messa al vertice della Farnesina e, poco dopo, spedita in Europa dove ha fatto perdere le sue tracce. S'ignora quale sia in pratica la sua attività. La sensazione è che si disinteressi completamente dei problemi che dovrebbe affrontare, tant'è che il disastro immigrazione, invece di essere contenuto, è ai limiti dell'esplosione.

D'accordo, è una donna graziosa.

La sua fortuna è di non essere berlusconiana, altrimenti chissà, sarebbe forse stata divorata dal gossip. A noi basterebbe che venisse sostituita con qualcuno che muova almeno un dito per toglierci da questa situazione insostenibile. In caso contrario, ci troveremo presto un musulmano anche sotto il letto.

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