"Nel settembre 2024 siamo stati accolti dai Carabinieri e dai servizi sociali". Così inizia la storia della cosiddetta famiglia del bosco, una vicenda che ha spaccato l'Italia tra umanità e propaganda. Ma fermiamoci: quello che la famiglia affronta non è questione di qualche settimana. L'ultimo anno dei coniugi è stato costellato di fughe, avvertimenti dei servizi sociali e richieste di regolarizzazione dal tribunale. Non tre bambini rapiti in tre giorni, ma una misura estrema, frutto di mesi di tentativi di compromesso. Storie di bambini prelevati all'improvviso ce ne sono tante: madri e padri che non sanno dove siano i figli, cooperative e case famiglia opache, drammi ignorati da anni. La famiglia del bosco, però, non rientra in questo scenario.
Catherine Louise Birmingham, la mamma, pur vivendo isolata con il marito, è molto attiva online. Gestisce un canale YouTube e un sito dove promuove il suo libro e le attività di "guaritrice spirituale", con i bambini davanti alla webcam. Nulla di illegittimo, ma lontano dall'immagine di eremiti autosufficienti che viene dipinta.
Ed è proprio online che Catherine racconta di essere stata "costretta a fuggire dalla nostra proprietà". Dopo l'intossicazione da funghi velenosi, nel settembre del 2024, i servizi sociali hanno fatto visita alla famiglia. La reazione è stata quella di "scappare al nord", facendo perdere le tracce.
Dalle carte in possesso de Il Giornale, il Tribunale per i minorenni dell'Aquila ha ordinato l'allontanamento dei bambini il 13 novembre scorso. Non un intervento improvviso, ma la conseguenza di oltre un anno di rifiuti e negligenze dei genitori. I servizi sociali parlano chiaro: "preoccupante negligenza genitoriale", "mancata frequentazione di istituti scolastici", "isolamento". Il tribunale chiedeva "una relazione tecnica sulla sicurezza" e "accertamenti sulla condizione dei minori". Richieste ignorate.
Ancora più grave: di fronte a un certificato medico indispensabile per visite neuropsichiatriche e analisi del sangue per i bambini, i genitori non si limitano a rifiutare il controllo obbligatorio ma impongono una condizione: "Consentiremo gli accertamenti solo se ci verranno corrisposti 50mila euro per ciascun minore". Cinquantamila euro per permettere che i propri figli siano visitati da un medico? Intanto, papà Nathan difende la vita bucolica: "Non vogliamo vivere lo stress delle bollette, i soldi creano sempre caos". Parole che suonano quasi paradossali di fronte alla richiesta di cinquantamila euro per rispettare la legge, cinquantamila euro per fare ciò che ogni genitore dovrebbe fare senza esitazione e cioè curare i propri figli.
Di cosa viva la famiglia non è chiaro ma ciò che sappiamo è che negli ultimi anni i coniugi hanno attivato due raccolte fondi online: una da 10mila euro, con soli 2.500 raccolti; l'altra da 25mila dollari, con 17.700 effettivi. Quanto all'abitazione, il tribunale segnala: "assenza di agibilità, impianto elettrico, idrico e termico e condizioni di sicurezza, igiene e salubrità", con rischio di patologie polmonari condizioni che non sono state regolarizzate.
Anche sulla scuola qualcosa non torna: i genitori non hanno mai esibito la dichiarazione annuale necessaria per praticare l'unschooling. Hanno prodotto solo un certificato di una scuola privata di Brescia agli assistenti sociali, ma mai depositato ufficialmente.
Alla fine il tribunale ha fondato la decisione sul "pericolo di lesione del diritto alla vita di relazione".
Ed è proprio la mamma che confermerebbe questa tesi su un suo scritto: "Socializzazione limitata e forte attaccamento ai genitori": il mantra per crescere i figli.La storia della famiglia del bosco è complessa. Nessuno mette in dubbio l'amore dei genitori, ma non basta. Oltre ai diritti ci sono i doveri. Doveri che, secondo il tribunale, la coppia ha disatteso per lungo tempo.