Guerra in Ucraina

Un anno di guerra. E a Mosca scatta il bavaglio

Media "non amici" esclusi dal discorso di Putin. Denunce e condanne a reporter e civili

Un anno di guerra. E a Mosca scatta il bavaglio

Una giornalista, Maria Ponomarenko, 45 anni, è stata condannata a 6 anni di carcere per un post sul raid al teatro di Mariupol. Una ragazza di 20 anni, Olesya Krivtstova, è agli arresti domiciliari per un post sull'attacco al ponte di Kerch, in Crimea: rischia 10 anni di prigione per aver scritto che gli ucraini ne avrebbero gioito. Infine l'annuncio del portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: «I rappresentanti dei media di Paesi non amici della Russia non saranno invitati al discorso del presidente Vladimir Putin all'Assemblea federale il 21 febbraio», quando le due Camere saranno riunite in seduta congiunta.

Mancano 8 giorni al tragico anniversario dell'invasione russa dell'Ucraina e la Russia non smette di mostrare, dentro e fuori, il suo volto illiberale e repressivo, nonostante accusi l'Occidente di censurare i media russi. La ventenne Olesya, che vive ad Arcangelo, sulle sponde del Mar Baltico, ha raccontato alla Bbc: «Ero al telefono con mia madre, a un certo punto ho sentito aprire la porta, ho visto parecchi poliziotti entrare nella stanza. Mi hanno strappato il cellulare dalle mani e mi hanno urlato di sdraiarmi a terra». Colpa di considerazioni condivise via Instagram, dopo l'attacco, molto probabilmente ucraino, al ponte di Kerch. L'accusa: aver giustificato il terrorismo e aver discreditato le forze armate della Russia. «Quando ho capito di essere stata messa nella stessa lista di chi spara nelle scuole e dei seguaci dell'Isis ho pensato che fosse insensato». E quel che è peggio è che a denunciarla sono stati alcuni compagni di università. Segno della frattura che si vive nel Paese. «Denunciare è il dovere dei patrioti», hanno scritto in una chat mentre dibattevano se sottoporre il suo caso alle autorità.

Chi ha il destino segnato, invece, almeno per i prossimi 6 anni, è la giornalista russa Maria Ponomarenko, giudicata colpevole di aver diffuso notizie false sulle forze militari dal tribunale distrettuale Leninsky della città di Barnaul, in Siberia. Non potrà lavorare come giornalista per i prossimi cinque anni a causa, anche lei, di un messaggio pubblicato su Instagram in cui aveva puntato il dito sulla distruzione del teatro di arte drammatica di Mariupol, durante uno dei più noti e atroci bombardamenti russi di inizio guerra, nel marzo del 2022, nel quale sono morti almeno 600 civili (secondo Associated Press) che in quel luogo avevano cercato rifugio. Maria ha due figli e ha tentato il suicidio lo scorso settembre, dopo che le sue condizioni psicologiche si sono deteriorate durante la detenzione che ha preceduto il processo. Processo durante il quale, nella dichiarazione finale, aveva chiesto in modo provocatorio: «Come è possibile che io sia vittima di censura militare se non c'è in corso una guerra, ma solo una operazione militare speciale?».

La notizia della sua condanna arriva mentre un'altra giornalista, la più nota Marina Ovsiannikova - che in diretta, al tg dell'emittente Pervy Kanal era comparsa con un cartello «No war» - ha raccontato da Parigi, dove ha trovato rifugio, la sua fuga dalla Russia con la figlia, in un'auto della ong Reporters Sans Frontières, mentre indossava il braccialetto elettronico e rischiava 10 anni di carcere per «diffusione di false informazioni». «Il regime di Putin è una piovra. Il mondo si unisca per fermarlo», ha detto dalla Francia.

Ma «Zar» Vladimir tira dritto per la sua strada. C'è grande attesa per il suo discorso alle Camere il 21 febbraio, al quale saranno presenti solamente i media «amici», mentre i media stranieri dei «Paesi ostili» «potranno lavorare seguendo il discorso in diretta sui canali televisivi». L'indomani, il 22 febbraio - secondo l'agenzia di Stato, Ria Novosti - le due Camere del Parlamento russo si riuniranno in convocazione straordinaria, separatamente, per l'adozione di leggi sull'integrazione di nuove regioni nel campo giuridico della Russia. Una circostanza che ricorda quando i deputati russi, nell'ottobre 2022, ratificarono i trattati di annessione di 4 regioni ucraine, Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia.

«I documenti devono essere approvati prima dell'1 marzo», ha spiegato il senatore Vyacheslav Timchenko.

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