Si chiama Aducanumab, sembra il nome di un capo tribù indigena mentre è il nome di un anticorpo che potrebbe migliorare la vita di milioni di persone affette da Alzheimer, quella terribile malattia che distrugge le cellule del cervello e trasforma gli uomini in vegetali. Infatti aducanumab, che è un anticorpo monoclonale umano, ha la capacità di ripulire il cervello dalle placche beta-amiloidi, tipiche della malattia, e per questo è stato definito anticorpo spazzino.
L'immagine rende bene la sua funzione e le verifiche sul campo lo confermano. All'Università di Zurigo, in collaborazione con l'azienda biotech Biogen e lo spin-off dell'ateneo elvetico Neurimmune, i ricercatori hanno iniziato a sperimentare su un topo transgenico e hanno dimostrato che aducanumab può entrare nel cervello e ridurre i depositi beta-amiloidi. Poi è stato condotto un trial controllato con placebo, per valutare la sicurezza e la tollerabilità di iniezioni mensili dell'anticorpo monoclonale nei pazienti con decadimento cognitivo lieve o demenza lieve a causa dell'Alzheimer e con depositi di beta-amiloide cerebrale.
In tutto 165 pazienti hanno ricevuto infusioni mensili di un placebo o aducanumab per un anno. Dopo 54 settimane di trattamento, la beta-amiloide è risultata significativamente ridotta nel cervello dei pazienti che hanno ricevuto l'anticorpo, e dosi più elevate sono state associate con una maggiore riduzione. Al confronto si è avuto poco cambiamento nel cervello di chi ha assunto il placebo. Dei 40 pazienti che hanno interrotto il trattamento, 20 lo hanno fatto a causa di effetti collaterali.
I risultati della ricerca sono ora a disposizione della comunità scientifica perché pubblicati su Nature. Soddisfatti i ricercatori. «L'effetto dell'anticorpo - evidenzia Roger M. Nitsch, docente dell'Institute for Regenerative Medicine dell'Uzh - è davvero impressionante. E il risultato dipende dalla dose e dalla durata del trattamento. Dopo un anno di terapia praticamente non erano rilevabili placche beta-amiloidi nei pazienti che avevano assunto le dosi più alte di anticorpo».
Tuttavia questo studio non è stato progettato per fotografare l'impatto di aducanumab sul declino cognitivo, e gli effetti clinici dell'anticorpo devono essere confermati in studi più ampi.
«La conferma che un trattamento anti beta-amiloide rallenta il declino cognitivo potrebbe essere una rivoluzione per come noi conosciamo, trattiamo e preveniamo la malattia di Alzheimer», aggiunge Eric Reiman del Banner Alzheimer's Institute di Phoenix (Usa). E se così fosse la scoperta cambierebbe la vita a circa il 5% dei sessantacinquenni e circa il 20% degli ultraottantenni del pianeta.ECus