Politica

Aria di crisi dopo il voto: Mattarella per un mese non ha preso impegni

Dal 26 maggio l'agenda del presidente è vuota Non si escludono le urne anticipate in autunno

Aria di crisi dopo il voto: Mattarella per un mese non ha preso impegni

Tre settimane libere da impegni straordinari e viaggi all'estero: nell'agenda del Quirinale, dopo la data del 26 maggio, non ci sono appuntamenti. Come se sul Colle si tenessero pronti all'emergenza post-elettorale, nella consapevolezza che il cocktail tra risultati del voto, tensioni politiche e conti pubblici da governare potrebbe rivelarsi esplosivo. Nessuno scenario viene escluso, neppure quello di elezioni anticipate a breve, nell'autunno: scenario che avrebbe un crescente gruppo di tifosi dentro la Lega, a cominciare dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giorgetti e dai governatori di Veneto e Lombardia, Zaia e Fontana. Convinti che la convivenza con i Cinque stelle, dentro un governo sempre più palesemente inadeguato, stia creando grossi danni al Carroccio, e che sarebbe molto più salutare «staccare la spina» a Conte e andare subito all'incasso dei consensi, prima che inizino a precipitare. Finora però Salvini ha respinto queste perorazioni, deciso ad andare avanti sulla strada gialloverde, nonostante il crescente scetticismo dei suoi: come se il patto con Gigino Di Maio e la banda della Casaleggio contenesse clausole non scritte, note solo ai diretti interessati, che li tengono legati nonostante tutto.

La preoccupazione principale del Colle, come di tutti gli osservatori, è però quella sui conti pubblici e sul percorso che porterà dal Def alla legge di Bilancio di fine anno, con relativa trattativa con l'Ue. I segnali che arrivano dalla maggioranza sono confusi, contraddittori, ambigui. Nonostante le cifre del Def, che certificano drammaticamente il fallimento delle politiche governative, nell'esecutivo nessuno sembra disposto a fare i conti con la realtà. Lo stesso premier Conte, chiamato a spiegare come pensi di mettere sotto controllo il debito e di ridurre un deficit che - senza misure drastiche come lo scatto di tutti gli aumenti Iva - rischia di esplodere, vagheggia di «lotta all'evasione» e di «spending review», o di revisione delle «tax expenditure» (ossia di aumento delle tasse). Dimostrando, in pratica, di non sapere assolutamente che pesci prendere. Mentre i due vicepremier continuano a promettere la luna, senza curarsi di spiegare chi alla fine la debba pagare.

È di fronte a questo quadro surreale che lievita la preoccupazione, anche sul Colle: la preoccupazione non detta, ma sempre più diffusa, che Salvini e Di Maio si avviino non alla rottura tra loro, dopo le elezioni europee, ma alla rottura con l'Europa. Non al bagno di realtà sui numeri di un'economia che hanno rapidamente affossato, ma alla fuga dalla realtà per trovare un capro espiatorio cui addossare colpe che loro non vogliono assumersi.

Il primo a lanciare l'allarme, qualche mese fa, era stato l'ex viceministro all'Economia dem Enrico Morando, che conosce il bilancio dello Stato come le sue tasche. «Senza rimettere immediatamente in discussione quota 100 e reddito di cittadinanza, non c'è via d'uscita fuori dall'aumento pesante dell'Iva. Ma Lega e M5s non sono in grado di sostenerne i costi politico-elettorali. Ne prenderanno atto e rassegneranno le dimissioni? Sarebbe la fine, sia per Di Maio, sia per Salvini. Per questo entrambi torneranno là dove partivano: basta con la camicia di forza dell'euro, recuperiamo sovranità monetaria», spiegava sul Foglio.

Ieri, a riprendere l'allarme (condiviso dal Colle) era un editoriale della Stampa: Salvini e Di Maio, non sapendo dove trovare le coperture, si dispongono a «sfondare i parametri Ue andando allo scontro frontale con l'Europa», magari in nome della flat tax, avverte Francesco Bei.

Con l'Italia che verrà esposta ad una «tempesta speculativa» spaventosa, cui il governo non è in grado di reagire.

Commenti