Le armi spuntate del governo: è in arrivo la bocciatura Ue

Di Maio anticipa la difesa sulla manovra: «Sforiamo solo dello 0,4%». Ma resta irrealistico prevedere il Pil a +1,5%

Le armi spuntate del governo: è in arrivo la bocciatura Ue

«La lettera racconterà le ragioni della nostra manovra di bilancio e dirà anche che tra le clausole di salvaguardia e la minore crescita con il deficit partivamo dal 2%: quindi lo sforamento è solo dello 0,4%». Il vicepremier Luigi Di Maio ieri a In 1/2 Ora ha anticipato così la replica che il governo invierà alla Commissione Ue che domani quasi certamente boccerà il Documento programmatico di bilancio dando all'Italia tre settimane di tempo per riscrivere la manovra. In caso di ulteriore bocciatura (o di resistenza italiana) si aprirà la procedura di infrazione con il suo lungo iter.

Poiché a scrivere materialmente la missiva sarà il ministro dell'Economia Giovanni Tria, è certo che le argomentazioni non saranno così estemporanee. Nella visione di Bruxelles, infatti, il problema italiano non è rappresentato dall'eccesso di deficit/Pil che l'anno prossimo dovrebbe esplodere fino al 2,4%, ma di una crescita dell'1,5% che si ritiene sovrastimata. Ora è difficile convincere gli interlocutori di non aver gonfiato il Pil dallo 0,9% tendenziale all'1,5 se si afferma che la manovra impatta per uno 0,4. Vorrebbe dire che ogni decimale (0,1) di deficit in più farebbe crescere il prodotto interno lordo di uno 0,15, cioè con un moltiplicatore 1,5 realmente esagerato. A dire il vero, non andrebbe meglio neanche la spiegazione di queste settimane: il deficit cresce di 1,2 punti percentuali raddoppiando e il Pil solo di 0,6 punti.

Il dubbio dell'Europa è che l'Italia faccia esplodere il deficit restando un Paese a crescita bassa la cui capacità di ripagare il debito viene messa in discussione. Come, d'altronde, testimonia il downgrade di Moody's e quello probabile di Standard & Poor's che venerdì 26 potrebbe seguirne l'esempio e abbassare di un gradino la valutazione italiana portandola da «BBB» a «BBB-» portandola un livello sopra la «spazzatura». Già a questo punto la partita si è fatta difficile perché i Btp saranno meno appetibili per fondi che selezionano titoli solidi.

Ecco perché Tria, durante il Consiglio dei ministri di sabato, ha cercato di convincere i vicepremier a modificare l'asticella del deficit/Pil abbassandola al 2,1% venendo respinto con perdite. Ed ecco perché il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, ieri sul Messaggero ha aperto uno scenario finora inesplorato. «Il 2,4% è un tetto massimo per tutte le misure in essa contenute, ma non è detto che questo accada», ha affermato aggiungendo che «l'aumento dello spread, il debito pubblico in portafoglio e le nuove regole bancarie mettono in tensione il sistema» italiano del credito. Il silenzio di Salvini rafforza un Giorgetti preso di mira dall'M5s.

L'enfasi del premier Conte nel sottolineare che «bisogna spiegare bene la manovra», la richiesta di Di Maio di «un lungo contraddittorio con l'Ue» e la volontà riaffermata di non far uscire l'Italia dall'euro sono sintomi del malessere che pervade tutta la maggioranza.

Maggioranza azzoppata dalle beghe interne sul dl fiscale e con un ministro dell'Economia pubblicamente sconfessato. Con la differenza che, tra mercati e Bruxelles, stavolta non è Di Maio ad avere il coltello dalla parte del manico.

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