Arrestati per blasfemia: guardavano la moda in tv

Centotrentadue clienti di un ristorante sorpresi a seguire una sfilata di biancheria intima

Arrestati per blasfemia: guardavano la moda in tv

Hanno fatto irruzione nel ristorante con le armi in pugno, arrestando tutti i commensali senza fornire alcuna spiegazione. Soltanto in carcere i 132 clienti del Kavouki di Bandar Abbas, cittadina portuale del sud dell'Iran, hanno scoperto di essere stati rinchiusi per aver commesso i reati di «blasfemia e manifesta bisessualità». In concreto stavano guardando una sfilata di moda trasmessa dalla televisione.

L'Iran continua a dimostrarsi nazione a due velocità. Quanto accaduto giovedì della scorsa settimana è solo l'ultima amara prova, in ordine cronologico, di un Paese che punta alla modernità all'apparenza e comunque solo dentro le mura di Teheran. A distanza di sicurezza dalla capitale il «khomeinismo» non è mai tramontato. La vicenda dell'arresto di massa è stata raccontata dal gestore del locale, Khaled Garousian, multato con la chiusura del ristorante a tempo indeterminato. «É stata la televisione a rovinarmi, lo sapevo che non avrei dovuto farla installare». Nelle sue parole si avvisa una volontà, neppure troppo dissimulata, di difendere l'operato del Basij, la temutissima polizia religiosa iraniana, addossandosi ogni responsabilità per quanto accaduto. Al momento dell'irruzione il gigantesco tv al plasma era sintonizzato sul canale satellitare Fashion Tv, famoso per la trasmissione 24 ore su 24 di sfilate di moda dei più importanti e prestigiosi stilisti del pianeta. Nel corso di un normale controllo i poliziotti hanno scrutato le immagini di modelle e modelli in passerella, è probabile che il canale stesse trasmettendo la sfilata di una collezione di biancheria intima, e tanto è bastato a far scattare le manette ai polsi di tutti i commensali (62 dei quali donne). Per la cronaca i detenuti sono stati rilasciati domenica 5 giugno dopo aver pagato una multa di 180mila rial (5mila euro).

In Iran la settimana lavorativa inizia il sabato. Così è il giovedì a vestire i panni di notte deputata alla movida. Una movida a dire il vero piuttosto contenuta e regolamentata dalle autorità religiose, in un Paese senza bar e discoteche, dove sono ufficialmente proibiti l'alcool, il ballo e gli incontri tra persone di sesso distinto che non abbiano alcuna relazione familiare. Sotto questo aspetto ci sono ampie eccezioni a Teheran, una città ormai accostabile alle metropoli occidentali. Nella capitale iraniana vivono 8 milioni di persone, gli altri 72 milioni devono purtroppo fare i conti con un oscurantismo in stile medievale. Teheran è lo specchietto per le allodole, propaganda e tanta facciata: come per la vicenda del regista Jafar Panahi, scarcerato dopo che il suo film sulle ragazze che non possono entrare allo stadio venne proiettato in Europa e negli Stati Uniti.

L'episodio del ristorante Kavouki è stato condannato dall'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani.

E proprio dagli uffici di Ginevra si apprende che nei giorni scorsi 35 studenti universitari di Qazvin (140 a nord-ovest di Teheran) sono stati puniti con 99 frustate ciascuno per aver partecipato a una festa di ballo di fine anno scolastico non autorizzata. Il Basij l'ha definita «una manifestazioni di delinquenti che usano scuse come la libertà e il divertimento».

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