Assale gruppo di ebrei. Il pakistano in carcere. "Nessun pentimento"

In aula il 25enne, difeso d'ufficio dall'avvocato Gianluca Rozza, ha ammesso sia l'aggressione sia le frasi razziste

Assale gruppo di ebrei. Il pakistano in carcere. "Nessun pentimento"
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Arresto convalidato e custodia cautelare in carcere per il 25enne pakistano che lunedì intorno alle 13, in stazione Centrale a Milano, ha picchiato, minacciato e insultato un turista americano di religione ebraica. Nel processo per direttissima che si è tenuto ieri il giudice Sofia Fioretta ha definito il fatto "grave ed efferato", ha sottolineato "la totale mancanza di resipiscenza" da parte dell'imputato e ha accolto le richieste del pm.

In aula il 25enne, difeso d'ufficio dall'avvocato Gianluca Rozza, ha ammesso sia l'aggressione sia le frasi razziste: "Ebrei di m... - ha urlato in stazione -, voi ammazzate i bambini. Io vi ammazzo". Ha ripetuto tutto anche davanti agli agenti della Polfer che lo hanno arrestato e ha proclamato: "Allah akbar". L'uomo, che andrà a dibattimento il prossimo 4 dicembre, è accusato di lesioni personali aggravate da motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa. In Italia è senza fissa dimora, secondo le prime verifiche non avrebbe precedenti né collegamenti con ambienti islamisti.

Lunedì gli uomini delle security di Fs hanno notato un giovane che prendeva a calci e pugni un turista che in compagnia di alcuni parenti stava aspettando il treno. Il gruppo era composto da ebrei ortodossi, vestiti con abiti tradizionali. Il 25enne inveiva contro di loro e ha più volte colpito la vittima in testa con un grosso anello che portava al dito. Ha continuato a picchiare il turista, anche quando era già a terra. Lo testimoniano, oltre al suocero della vittima che è stato ascoltato dagli agenti, anche le immagini delle telecamere di sorveglianza. L'imputato ha spiegato in aula di trovarsi in Italia, senza famiglia, da circa tre anni.

Di non essere mai stato arrestato prima, di avere lavorato come operaio e di avere studiato italiano nel nostro Paese. Ha detto anche di pregare regolarmente in moschea una volta a settimana, ma di non appoggiarsi a una comunità islamica cittadina di riferimento. Rischia una condanna fino a sei anni di carcere.

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