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Atreju e il nazionalpopolare. Sul palco da Venier a Conti

I conduttori ospiti con Ezio Greggio e Marco Liorni rivendicano una cultura tradizionale ma alla portata di tutti. E lontana dall'elitismo della sinistra

Atreju e il nazionalpopolare. Sul palco da Venier a Conti
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nostro inviato a Roma

"Quando mi danno della nazionalpopolare, sono felice". Mara Venier apre così il panel di Atreju dedicato, appunto, alla cultura e alla televisione che piacciono al popolo italiano. Con lei tre volti che hanno segnato l'immaginario del Paese: Carlo Conti, Marco Liorni ed Ezio Greggio (in collegamento). Quattro modi diversi di stare davanti al pubblico, tutti riconoscibili.

Il palco ricorda un salotto da prima serata del piccolo schermo: fondale blu, stelle stilizzate, tre poltroncine bianche. Poco prima, Alessia Vessicchio ha ritirato il premio dedicato al padre Beppe, definendolo "un uomo di tutti", regalando un momento di emozione al pubblico.

La platea segue con attenzione, tra applausi spontanei e un brusio continuo che è parte del clima di Atreju. Così, nella "Casa di Giorgia" si incontrano due realtà che la sinistra guarda spesso con sufficienza: la festa della destra e la tv generalista. Popolari, dirette, lontane dall'intellighenzia. Qui convivono senza sovrastrutture. E senza partecipare a esperimenti da ingegneria sociale.

Carlo Conti interviene mentre lavora al prossimo Sanremo: "Sono un calimero piccolo e nero. Ho trasformato la mia passione in un lavoro: lavorerai sempre ma non lavorerai mai". Ricorda l'esordio in radio: "Avete bisogno di un dj?", e sintetizza la matematica dell'audience: "Non si può piacere a tutti. Se si è simpatici al 50+1 è già un risultato".

Sul Festival: "Pippo Baudo l'ha reso un evento. Io ho proseguito. La musica italiana oggi è in fermento. Quest'anno sono preoccupato perché ci sono poche polemiche".

La Venier torna su Domenica In: "Sono arrivata a 17 edizioni grazie al pubblico". Ricorda Fabrizio Frizzi, poi definisce la linea editoriale: "Accanto al divertimento servono momenti di riflessione. Con Tommaso Cerno, oggi direttore del Giornale, affrontiamo temi importanti. Siamo la Rai: verso i telespettatori serve rispetto".

Marco Liorni mette al centro il rapporto con il Paese reale: "L'intrattenimento deve respirare quello che c'è fuori. Anche nei quiz bisogna mettere in dialogo le generazioni". Racconta le prime "radio" casalinghe e riconosce alla "Zia Mara" un tratto decisivo: "È un animale televisivo straordinario, ho imparato tanto da lei". Da remoto interviene Ezio Greggio, che rammenta anche le origini della televisione privata: "Essere nazionalpopolare significa stare nel cuore della gente. Dare leggerezza quando serve". Ricorda la battaglia con Telebiella, la prima tv libera, e il clima pionieristico di quegli anni. Poi l'aneddoto su Berlusconi: "Un giorno dissi a Silvio: senza Telebiella tutto questo non sarebbe esistito. Qualcosa me la devi pur dare". Berlusconi, racconta Greggio, "mi porse la mano".

Aggiunge: "Ma poi per tanti anni ho lavorato per il gruppo", a indicare la continuità naturale tra le prime tv libere e la lunga stagione a Mediaset, con Striscia la Notizia. Il pubblico si alza in maniera lenta, con la sensazione di aver assistito a un confronto diretto, senza artifici. Un pranzo della domenica dove la platea di Atreju si riconosce.

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