Cronache

Attentati e propaganda. La rete degli anarchici

Sette arresti, indagini partite dalla bomba a una caserma. Bruciate auto del car sharing

«Morte allo Stato e ai suoi servi», «Bomboni a Casapound e bocce alla questura», «Fuoco alle galere». Avevano le idee chiare i 7 anarco-insurrezionalisti, che aveva come base il centro sociale «Bencivenga Occupato» di Batteria Nomentana, a Roma, finiti tutti nella rete dei Ros nell'operazione Bialystok, coordinata dalla Procura capitolina e dovranno rispondere di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi e altri reati. La cellula puntava a riorganizzare un movimento anarchico unito, prescindendo da ogni «localismo».

In manette D.C., 35 anni, romano, Claudio Zaccone, messinese di 32 anni, Roberto Cropo, 33 anni, di Torino, Flavia Di Giannantonio, 38 anni di Valmontone (Roma), Nico Aurigemma, romano trentenne, Francesca Cerrone, 32 anni trentina e Pierloreto Fallanca, di Teramo. Su Cerrone, che si trovava in Spagna e Cropo, rintracciato in Francia, pendeva un mandato di arresto europeo.

La cellula ha compiuto una serie di atti terroristici a La Spezia, Roma, Firenze e Teramo anche «finalizzati a portare solidarietà agli anarchici coinvolti a Firenze nel processo Panico». In particolare manifestazioni di protesta, danneggiamenti e incendi mirati a una specifica strategia di lotta all'esterno del carcere, combinata con l'azione interna dell'allora detenuto Fallanca, culminata con un'aggressione degli agenti, per costringere l'amministrazione penitenziaria a trasferirlo dal carcere di La Spezia. A C., invece, vengono imputati diversi attentati incendiari ai danni di autovetture car sharing «ENI-Enjoy», gesti rivendicati per «solidarietà a tutti gli anarchici detenuti» nell'ambito dell'avversione all'Eni, accusata di «devastare la Terra».

Le indagini erano partite dall'attentato alla stazione carabinieri di San Giovanni, a Roma, avvenuto il 7 dicembre 2017 quando un ordigno artigianale a innesco ritardato è stato lasciato sul marciapiede. L'esplosivo, posto in un thermos d'acciaio, aveva danneggiato il portone e un'auto parcheggiata e che solo per un miracolo non aveva investito una passante.

«Abbiamo portato la guerra a casa del ministro Minniti», scriveva la «Cellula Santiago Maldonado della Federazione anarchica informale-Fronte rivoluzionario internazionale», rivendicando il gesto. A distanza di oltre due anni il Ros è arrivato ai 7 anarchici, gli stessi che inneggiavano all'attentato compiuto alla libreria Bargello di Firenze, legata a Casapound, dove rimase mutilato un artificiere. Per il gip di Roma, Anna Maria Gavoni, dietro c'è una strategia mirata a compiere delitti contro lo Stato e i suoi rappresentanti.

«Sono tutti bravi a parlare, sono tutti bravi, mi sono rotto», dice Cropo, intercettato. Il programma eversivo era cristallizzato nel documento «Dire e sedire», destinato ai compagni affini e si rifaceva ai dettami di Alfredo Cospito autore del libro clandestino «Anarchici di Bialystok 1903-1908», detenuto presso il carcere di Ferrara per la partecipazione alla FAI-FRI, oltre che per aver gambizzato l'ingegnere Roberto Adinolfi a Genova nel 2012.

La cellula poteva contare anche su una fitta rete di giovani e aveva importanti contatti con gruppi anarchici tedeschi e greci.

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