Non c'è nessun messaggio subliminale alla Grecia nella decisione di scegliere, come sede dell'Eurogruppo di mercoledì prossimo, il Lex Building. Il richiamo al rispetto della legge, e quindi degli obblighi assunti in cambio degli aiuti, non potrebbe essere più forte e chiaro da parte di Bruxelles. Jeroen Dijsselbloem, il direttore d'orchestra dei ministri finanziari dell'eurozona, non usa giri di parole per far capire ad Atene l'aria che tira: «Non facciamo prestiti ponte», ha detto ieri lapidario. Come dire: il tandem Tsipras-Varoufakis non si illuda di sedersi al nostro tavolo con la pretesa di ottenere qualche mese di respiro finanziario per dar modo di trovare un'intesa con i partner.
Dopo i tappeti rossi stesi all'inizio di settimana al nuovo esecutivo ellenico, la luna di miele sembra già finita. Di sicuro, Standard&Poor's non è in vena di far sconti: ieri il rating ellenico è stato tagliato da B a B- con outlook negativo. Ma la decisione della Bce di chiudere solo in parte il rubinetto dei prestiti alla Grecia (i finanziamenti d'emergenza restano in piedi) ha messo tanto Atene quanto il resto dell'Europa nella condizione di evitare il più possibile una contrapposizione senza sbocchi. Il tempo, del resto, stringe: a fine mese, evapora il piano di mutuo soccorso nei confronti del Paese mediterraneo. E senza un accordo, potrebbe scatenarsi il panico, e non solo sui mercati. Il quantitative easing varato da Mario Draghi, ovvero l'acquisto mensile di 60 miliardi di euro di bond sovrani, ha finora fatto da scudo contro la speculazione ed evitato un avvitamento delle Borse.
Ma qualcosa comincia a scricchiolare: anche ieri Atene ha pagato dazio all'incertezza (-3,3% dopo il -3,37% di giovedì), mentre gli altri listini flirtano con la prudenza (-0,15% Milano). Se gli investitori seguono con una certa apprensione lo sviluppo degli eventi, non meno preoccupati sono i greci, che ieri hanno eletto presidente del Parlamento Zoe Constantopoulou, la più giovane (classe 1976) a ricoprire tale carica, avvocato specializzato in diritti umani, nonchè parlamentare di Syriza. Il mancato rinnovo del programma di aiuti riproporrebbe drammaticamente la Grexit option , l'uscita greca dall'euro. Il conseguente assalto alle banche, per il timore di una conversione dei risparmi in dracme, metterebbe in ginocchio un sistema creditizio mantenuto in vita solo grazie all'ossigeno fornito dai fondi che la Bce continua a erogare attraverso l'Ela.
Scenari da day after che non impediscono, tuttavia, alle parti in causa di rimanere fedeli al proprio copione. A cominciare dal ministro greco delle Finanze, Yanis Varoufakis, che secondo fonti ufficiali governative «non accetterà nessun accordo che non sia legato a un nuovo programma di aiuti». Anche la Germania resta saldamente ancorata alla linea dura, con il falco Wolfgang Schaeuble convinto che «certamente la Grecia deve continuare a lavorare con la troika - ha detto il ministro tedesco delle Finanze - Non si può semplicemente dire: Non ci atteniamo alle condizioni sottoscritte, ma abbiamo bisogno di soldi».
Questo muro contro muro potrebbe però essere solo una sfida dialettica tra chi non ha alcun interesse ad andare verso un duello all'ultimo sangue.
Il giorno dopo l'Eurogruppo saranno a Bruxelles i capi di Stato e di governo della Ue, con un mix esplosivo al centro dei colloqui: il conflitto russo-ucraino, la risposta al terrorismo islamista e anche la Grecia. Un'occasione d'oro per un primo faccia a faccia fra Tsipras e Angela Merkel.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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