Prima gli aumenti Iva "green" poi una stangata in primavera

Renzi apre a un riordino dell'imposta "a costo zero". E il governo studia già una manovra in due tempi

Prima gli aumenti Iva "green" poi una stangata in primavera

Persino Matteo Renzi, paladino delle clausole di salvaguardia da disinnescare, ieri non ha escluso aumenti selettivi dell'Iva. La condizione posta dal leader di Italia viva è che la rimodulazione, sia a costo zero. Difficile, vista la storia del fisco italiano (per dirne una, la patrimoniale sulla casa fu mascherata da tassa sui servizi) e anche per le oggettive difficoltà di quantificare a priori le entrate di un'imposta applicata a prodotti venduti. Una volta che la politica entra nel ginepraio degli aumenti Iva, insomma, difficile che i contribuenti ne escano indenni.

L'apertura di Renzi è la dimostrazione che nel governo si stanno rafforzando le tesi di chi fa notare che le risorse sono scarse. E che non si può al contempo dirsi ligi alle regole europee, rivendicare un taglio delle tasse più incisivo di quello «mini» proposto dal governo con la riduzione del cuneo fiscale e poi disinteressarsi delle coperture.

Chi appartiene a questa scuola di pensiero, dal ministro dell'Economia Roberto Gualtieri a tutta la delegazione Pd nel governo, ha già messo a punto un metodo per fare passare un taglio delle tasse in modo relativamente indolore.

È la manovra in due tempi. Il primo, con l'approvazione della legge di Bilancio in ottobre e il via libera definitivo a fine anno. Un provvedimento scarno, con i numeri del Def, in particolare con il taglio del cuneo da 2,7 miliardi di euro.

Poi a metà del 2020 una verifica sulla lotta all'evasione, che vale ben 7 miliardi. Nel caso in cui l'obiettivo non sia raggiunto dovrebbe scattare un meccanismo molto simile alle clausole di salvaguardia.

Al momento nel governo si ragiona quasi esclusivamente in termini di tagli alla spesa. Ma il partito degli aumenti dell'Iva si sta rafforzando.

Le prime modifiche all'imposta sul valore aggiunto potrebbero arrivare già con la manovra, dentro il capitolo «green new deal». I primi regimi Iva agevolati a rischio sono quelli catalogati come sussidi dannosi per l'ambiente, che potrebbero passare dall'aliquota al 10% a quella ordinaria al 22 per cento.

In questo caso l'invarianza sarebbe garantita non da altrettanti tagli alle imposte su beni e servizi considerati pro ambiente, ma dal fare confluire i proventi della stangata in un fondo per l'ambiente. Quale quota debba essere effettivamente impiegata per l'ambiente è tutto da vedere. Nel decreto clima era la metà.

Di certo il solo fatto che le risorse finiscano in un fondo, a disposizione del governo, fa sì che gli aumenti Iva siano comunque catalogate come nuove entrate.

Ma nel governo si dà per scontato che ci sarà anche un secondo tempo della manovra. La verifica dei conti pubblici che, se non andrà bene, potrà portare ad aumenti veri e propri dell'Iva.

Difficile evitare entrate extra, visto che la legge di Bilancio non è ancora nata ma la lista delle richieste dei ministeri e della maggioranza ha già raggiunto 80 miliardi di euro.

Per la sessione di Bilancio, che di fatto inizia oggi con l'audizione del ministro Gualtieri sul Def, si profila un assalto alla diligenza vecchio stile, che non potrà che risolversi con una

selezione che scontenterà qualcuno, mettendo a rischio la maggioranza giallo-rossa, come era già successo con quella giallo-verde.

Oppure con una nuova stangata. E allora ad essere scontenti (molto) saranno i contribuenti.

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