Economia

Aut-aut della Bundesbank alla Bce: basta con gli aiuti sui titoli pubblici

Weidmann anticipa lo scontro con la Lagarde e chiede il ripristino della "capital key": solo acquisti in base al capitale di ciascuno Stato

Aut-aut della Bundesbank alla Bce: basta con gli aiuti sui titoli pubblici

Jeans Weidmann è uomo dalle solide convinzioni, nonché banchiere ancorato ai principi dell'ordoliberismo. Sulla conduzione della politica monetaria ha la stessa flessibilità di un binario: da sempre contrario agli stimoli economici nelle loro diverse declinazioni, nemico numero uno del quantitative easing al punto da scontrarsi più volte con Draghi quando Super Mario guidava la Bce, il capo della tedesca Bundesbank non ha cambiato idea di una virgola neppure nell'era del Covid. Così, non appena martedì scorso è rimbalzata la notizia che l'inflazione nell'eurozona è salita al 3% in luglio, eccolo salire sul podio e suonare il solito spartito. «La prima P in Pepp (il piano di acquisto titoli da 1.850 miliardi, ndr) sta per pandemia, non permanente, e questo per una buona ragione», ha detto ieri in un discorso pronunciato presso la banca centrale tedesca.

Quasi un aut-aut alla presidente dell'Eurotower, Christine Lagarde, a una settimana da una riunione settembrina in cui il confronto tra i falchi e le colombe dell'istituto di Francoforte potrebbe trasformasi in un duello rusticano. Mentre la Federal Reserve, non avendo ancora chiaro quale sarà l'impatto della variante Delta sull'economia è assillata dal dubbio se ridurre o meno gli aiuti, la Buba ha solo certezze e chiede la rottamazione dello strumento con cui la Bce ha rinunciato a uno dei propri capisaldi, la regola della capital key (acquisti ripartiti in base alla quota nel capitale della banca centrale di oggi singolo Stato). Soppressione temporanea di cui, peraltro, anche la Germania ha beneficiato. Ma Weidmann non se ne cura, non condividendo affatto la narrazione comune secondo cui l'ascesa dei prezzi è solo transitoria. Dice: «Se questi fattori temporanei dovessero portare ad aspettative di inflazione più elevate e a un'accelerazione della crescita dei salari, il tasso di inflazione potrebbe aumentare notevolmente nel lungo termine». Ergo, meglio intervenire prima che poi: «Poiché gli acquisti non dovrebbero essere terminati bruscamente - ha spiegato il banchiere tedesco - la Bce dovrebbe gradualmente ridurli anche prima di segnalarne la fine», prevista nella migliore delle ipotesi il 31 marzo 2022.

Il timing legato alla riduzione degli aiuti è questione fondamentale, dal momento che in Eurolandia lo slancio della ripresa è disomogeneo e l'inflazione non morde allo stesso modo. In Italia il carovita è al 2,1%, contro il 3,4% della Germania, e sicuramente Draghi e il Tesoro non scalpitano per dare una picconata al Pepp. Weidmann va invece avanti come un treno, pur sapendo che la sua crociata sarà condizionata dall'esito del voto in Germania il prossimo 26 settembre. L'eventuale formazione di una maggioranza «rosso-rosso-verde», ossia formata da Spd, Linke e Verdi, lascerebbe le colombe della Bce libere di volare.

E il falco Jeans Weidmann ne uscirebbe spennato.

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