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Aveva bombardato la Serbia: oggi Blair fa il suo consulente

L'incredibile saga della capacità di far soldi del disinvolto ex premier britannico si arricchisce di un nuovo capitolo

Aveva bombardato la Serbia: oggi Blair fa il suo consulente

«C'è qualcuno a cui Blair non si venderebbe? E c'è qualcuno che non lo comprerebbe?», chiede velenoso su Twitter un ricercatore britannico dell'European Institute, esperto di Balcani della London School of Economics. L'ennesima notizia diffusa dal Guardian sull'ultima consulenza di Tony Blair scatena un coro da stadio, spesso molto poco sportivo, su siti di informazione e social network. La pietra dello scandalo è la consulenza che l'ex primo ministro inglese offrirà al capo del governo serbo Aleksandar Vucic dopo essere stato uno dei leader che nel 1999 spinse perché la Nato intervenisse per bombardare la Yugoslavia e dopo essere stato ferocemente criticato dallo stesso Vucic che allora ricopriva il ruolo di ministro dell'Informazione. Ma l'attacco più duro sul punto riguarda l'indiscrezione - una soffiata proveniente da fonti ufficiali serbe - che a pagare il conto a Blair saranno gli Emirati Arabi Uniti, già aiutati dall'ex premier, a fior di compensi milionari (un milione di sterline solo per i consigli al fondo sovrano Mubadala), a siglare accordi petroliferi con la Cina tramite la compagnia PetroSaudi legata alla famiglia reale. Un intreccio poco limpido - specie per chi come Blair occupa il ruolo di inviato per il Quartetto in Medio Oriente - e che fa il paio con il sostegno interessato offerto dagli Emirati a Mohammed Dahlan, esiliato palestinese in aperta sfida con la leadership del presidente Abu Mazen e che ha spinto perché Abu Dhabi avviasse grandi investimenti in Serbia, usando poi il denaro intascato come consulente economico e per la sicurezza per conquistare nuovi sostenitori tra i palestinesi.

L'ex primo ministro laburista torna insomma a sollevare un gran polverone per le laute ricompense (ma di quest'ultima non si conosce ancora l'ammontare) intascate infischiandosene dei committenti, tra cui il regime del Kazakhstan - a cui ha dato consigli su come gestire un massacro di civili da parte dei servizi di sicurezza - e fra cui anche Paesi che non brillano per il loro curriculum democratico come Rwanda, Kenya, Kuwait e Azerbaijan. D'altra parte, l'ultimo discorso tenuto a Dubai, di fronte a seicento uomini d'affari del Golfo Persico, è stato pagato dall'Arabian Business magazine 156mila sterline (oltre 210mila euro), praticamente 3500 euro al minuto. Più di quanto non sia pagata al momento per le sue conferenze l'ormai prossima candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton, contestatissima per aver intascato pochi mesi fa quasi 2200 euro al minuto (in tutto 225mila dollari) per un'ora e mezza di discorso alla cena annuale della Fondazione dell'Università di Las Vegas. Più di Blair, tra i politici “in pensione” maggirmente richiesti e meglio retribuiti su piazza, c'è solo l'altro leader della Terza Via, Bill Clinton che da quando ha lasciato la presidenza, dal 2001 al 2013, ha intascato 89 milioni di dollari (79 milioni di euro) per i suoi discorsi in giro per il mondo, tra cui i memorabili quattro minuti al novantesimo compleanno del presidente israeliano Shimon Peres: 9700 euro al minuto, pagamento anticipato.

Non essendo retribuito per il suo ruolo di inviato di pace in Medio Oriente – che in molti giudicano del tutto inefficace, forse proprio per i troppi interessi personali nella regione - l'ex leader della sinistra british ha trovato anche lui il modo più redditizio per mettere a frutto carisma ed esperienza personale, specie ora che in patria, dopo la guerra in Irak, la base laburista lo considera insieme il più grande successo e la più grande delusione politica della propria storia. Nonostante la sua recente offerta - «farò quello che vuole il partito» per la campagna elettorale in vista delle legislative del 7 maggio - l'ultimo sondaggio YouGov dice che Blair è considerato più il tallone d'Achille che la carta vincente del Labour dal 61 per cento degli inglesi e dal 47 per cento degli stessi elettori laburisti.

Lui intanto incassa e tira dritto, convinto che il suo passato e la sua esperienza di leader di successo possano essere utili anche e soprattutto ai Paesi a caccia di un futuro democratico. Le stime sui suoi guadagni sono disparate, anche perché Blair si guarda bene dal renderli noti. Secondo il Financial Times avrebbe intascato 20 milioni di sterline (27 milioni di euro) nel 2011 e la sua fortuna ammonterebbe tra i 75 e i 100 milioni di sterline, oltre un miliardo di euro.

Lui ha sempre negato tirando fuori l'humour britannico: «Mia moglie Cherie mi chiede ancora dove li ho messi».

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