Roma - Se il referendum non passa Italia fuori dall'euro e in mano alle amorevoli cure del Fondo monetario internazionale. La fosca profezia ha una firma di peso, quella del capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau. Sugli effetti del No al referendum non è la prima previsione catastrofista e naturalmente se ne possono citare altrettante che invece preconizzano un impatto nullo o comunque riassorbibile. Ma stavolta a parlare è l'analista più importante della principale banca tedesca. E immediatamente il caso rischia di assumere una connotazione politica.
Innanzitutto perché è noto che a Berlino ritengono che l'assetto che vede Renzi e il Pd al potere sia il più conveniente per gli interessi tedeschi, nonostante ogni tanto il premier italiano tiri qualche calcio verbale alla linea del rigore gestita da Bruxelles con la benedizione di Angela Merkel, che ieri ha fatto sapere che si candiderà per un quarto mandato alle politiche dell'autunno 2017.
Il messaggio lanciato da Deutsche Bank attraverso un'intervista dell'economista a Bloomberg può suonare dunque come l'ennesimo monito interessato da parte di poteri politico-finanziari stranieri interessati a mantenere lo status quo in Italia. «Il mio timore - ha detto Folkerts-Landau - è che più ci si avvicina alla data del referendum, e più l'effetto dell'elezione di Trump si fa sentire, più gli investitori esteri usciranno dall'Italia sino a far esplodere lo spread». Il dirigente aggiunge anche che «senza riforme l'Italia starebbe meglio fuori dall'euro». E non basta: «Se dovrà fare i conti con ulteriori difficoltà - aggiunge - ci sarà bisogno dell'intervento del Fondo Monetario Internazionale». Non è certo la prima volta che da Berlino sbandierano il rischio Troika. Basti ricordare ciò che avvenne nel 2011, quando Silvio Berlusconi fu indotto alle dimissioni da un terremoto sui mercati finanziari partito proprio dalle manovre sul debito pubblico italiano messe in atto da Deutsche Bank, che vendette massicciamente le quote di titoli di Stato italiani che erano in proprio possesso, innescando la tempesta dello spread.
Apparentemente dunque potrebbe sembrare un altro aiutino tedesco a Renzi, ma forse è una spintarella non così gradita adesso dal leader italiano, visto che il presidente del Consiglio negli ultimi giorni ha decisamente spostato la propria propaganda per il Sì, evitando i toni catastrofisti che, come si è visto, non hanno influito granché sul voto popolare nelle occasioni recenti, anzi. Basta guardare ai casi Brexit e Trump, descritti come potenziali tempeste, ma poi rivelatisi acquazzoni estivi quanto a effetti sui mercati. Il rischio per Renzi, insomma, è che la presa di posizione dell'establishment merkeliano finisca per tramutarsi in un abbraccio mortale.
Tra l'altro, queste previsioni fanno meno paura se si legge cosa diceva David Folkerts-Landau riguardo agli effetti della Brexit, prima del voto popolare. «Devastante», assicurava l'economista. «Se ci fosse la Brexit l'Europa continentale sarebbe relegata a un rango di secondo piano». Folkerts-Landau non si limitava a previsioni economiche, ma si sbilanciava sul piano politico: «Perdendo la connessione col mondo finanziario anglosassone - incalzava - l'Europa diverrà molto meno importante e il suo impatto sulla politica estera, all'interno delle Nazioni unite e dei centri decisionali globali, sarebbe diminuito». La Brexit è arrivata e l'Europa non è ancora crollata.
Del resto per il profeta tedesco effetti analoghi avrebbe avuto anche la linea Draghi per la Bce, altro nemico della linea politica di Berlino. E invece a essere devastante è soprattutto lo stato delle casse di Deutsche Bank.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.