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Via il ballottaggio, sì al premio: per la Consulta si può votare

Bocciate anche le pluricandidature: per i capilista eletti in più collegi si andrà al sorteggio. Legge già applicabile

Via il ballottaggio, sì al premio: per la Consulta si può votare

No al ballottaggio, sorteggio e non più scelta del collegio per i capilista pluricandidati, rimane il premio di maggioranza. E il nuovo Italicum, rivisto e corretto dalla Corte costituzionale. Una legge elettorale «suscettibile di immediata applicazione», sottolinea il dispositivo della sentenza. Ma solo per la Camera, per cui è stata concepita nel quadro della riforma Boschi poi bocciata dal referendum.

Nel palazzo della Consulta la seconda giornata dedicata a quella che Matteo Renzi definiva la «migliore legge del mondo» finisce con una parziale bocciatura, di due aspetti dichiarati incostituzionali, ma con il salvataggio dell'impianto complessivo della riforma. I dettagli si potranno conoscere solo entro un mese, probabilmente fra un paio di settimane, quando sarà pubblica la motivazione.

Il verdetto era atteso per martedì, poi rinviato a ieri alle 13 e alla fine i tempi della camera di consiglio si sono ulteriormente allungati. Dalle 9,30 i giudici hanno chiuso le porte, hanno fatto un breve break per pranzo e poi ripreso a discutere. L'annuncio è arrivato poco prima delle 17. Non c'era il plenum e il collegio di 13 giudici costituzionali (uno è malato, l'altro si è dimesso) ha chiesto più tempo per comporre le divergenze, trovare l'accordo sui vari punti contestati dai ricorsi di 5 tribunali, scrivere un dispositivo che in quella sottolineatura dell'«autoapplicabilità» (scontata) della legge modificata contiene un messaggio tranquillizzante per chi vuole andare al voto presto e potrebbe farlo ora con due sistemi diversi per Camera e Senato (il cosiddetto «Consultellum» del 2014), ambedue partoriti dall'Alta corte. Questo, malgrado il capo dello Stato Sergio Mattarella abbia raccomandato di «armonizzare» le regole per l'elezione delle Camere.

Un messaggio che il parlamento e le forze politiche possono interpretare in modo diverso, e già lo stanno facendo, ma che assicura che non c'è vuoto normativo su una legge fondamentale, così come prescrive la Carta.

Per eleggere i deputati, dunque, abbiamo un proporzionale in cui rimane il premio di maggioranza con il 55 per cento dei seggi per la lista che raggiunga il 40 per cento. Soglia alta, difficile da toccare, anche se potrebbe indurre le forze politiche a presentarsi unite e gli elettori a convergere su pochi partiti, invece di frammentare i consensi. Perché se il tetto non fosse toccato non ci sarebbe più il ballottaggio tra le prime due liste. Così come lo prevede l'Italicum è incostituzionale, sentenzia la Consulta. Come la possibilità per i capilista di presentarsi in più collegi, fino a 10 e poi scegliere, favorendo questo o quell'altro dei candidati arrivati secondi, in base alle preferenze. In questo caso, spiega la Corte, rimane in piedi il sorteggio, previsto già in caso di mancata opzione volontaria.

La Consulta ha detto la sua e non è stato facile, perché il grande peso politico del verdetto è chiaro a tutti.

Restituisce all'Italia un Italicum lievemente azzoppato, che può ancora portare al voto. Un Italicum che salva per la Camera il premio di maggioranza, non previsto per il Senato, ma ne rende difficile l'attribuzione cancellando il ballottaggio. Di fatto sarebbero due proporzionali, anche se l'Italicum formalmente è maggioritario. Una leggina potrebbe prevedere per la Camera il premio non alla lista, ma alla coalizione, un'altra potrebbe uniformare le soglie di sbarramento diverse: 3 per cento alla Camera per la lista e al Senato 8 per i partiti soli e 3 per quelli in coalizione.

Ma questa è storia politica.

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