Banche, Di Maio choc «Sono come la mafia» Il Decreto dignità ammazza il lavoro

Il vicepremier contro gli istituti di credito E la sua prima norma passa in versione mini ma colpisce le aziende limitando l'impiego a termine. Allarme per interventi sulle pensioni

Gian Maria De Francesco

Roma Una minaccia incombe sul sistema delle aziende italiane. si chiama Luigi di Maio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, che con il decreto Dignità sta cercando di attentare alla libertà di fare impresa creando maggiori vincoli per limitare il ricorso al lavoro flessibile, rendendo più costosi i licenziamenti senza giusta causa e imponendo un taglio netto alla pubblicità del gioco d'azzardo legale. E come se tutto ciò non bastasse ha persino attaccato gli istituti di credito paragonandoli alla criminalità organizzata. «La mafia è un atteggiamento prima di essere un'organizzazione criminale e vediamo un atteggiamento mafioso non solo nelle organizzazioni criminali ma anche nelle banche perché ci sono sentenze che riconoscono l'usura», ha dichiarato. Parole pesantissime che portano a interrogarsi ancora una volta sull'opportunità per la Lega di Matteo Salvini di continuare ad allearsi con il capo politico di una forza dichiaratamente ostile a settori produttivi che votano Carroccio. E che ha già fatto capire di voler ritoccare al ribasso gli assegni pensionistici (i vitalizi sono il primo passo) per finanziare l'assistenzialismo del reddito di cittadinanza. E ieri Salvini era al Palio di Siena, lontano dal Consiglio dei ministri che ha esaminato il Decreto dignità.

L'obiettivo del decreto è il superamento del Jobs Act attraverso la guerra ai contratti precari. Mai affermazione fu più temeraria visto che proprio ieri l'Istat ha certificato un tasso di disoccupazione ai minimi dal 2012 e una crescita sostenuta dei posti di lavoro, sebbene prevalgano i contratti a termine su base annua. «Più smantella il Jobs Act, più avrà occasioni per sperimentare la geniale intuizione del reddito di cittadinanza: una repubblica democratica fondata sul sussidio», ha commentato l'ex premier Matteo Renzi. Cui Di Maio ha replicato piccato: «Oggi abbiamo segnato un record di precariato». Ecco perché nel decreto dignità è previsto l'inserimento di una norma che disincentivi i licenziamenti «selvaggi» con l'aumento del 50% dell'indennizzo che può arrivare anche a 36 mensilità. Una norma simile, voluta dalla sinistra Pd, dalla Cgil e dai bersaniani, fu espunta dalla legge di Bilancio 2018.

Allo stesso modo, nel decreto sarà inserita una norma per ridurre la durata massima dei contratti a termini, ossia dai 36 mesi attuali (senza causale) a un massimo di 12 mesi che potranno essere rinnovati per altri 12 mesi previa indicazione della causale. Confermati sia la riduzione della proroghe (da 5 a 4) dei contratti a termine sia l'incremento dei contributi previdenziali di 0,5 punti percentuali per ogni rinnovo a partire dal primo. Tali risorse finanzieranno la Naspi. Su circa 3 milioni di contratti a termine sono 900mila in scadenza ad agosto quelli che potrebbero essere coinvolti dalle nuove norme fortemente penalizzanti. Saltato, invece, il divieto di ricorso allo staff leasing, ma il limite del 20% di contratti a termine potrebbe impedire alle agenzie interinali di operare.

A fronte di questo accanimento nei confronti del lavoro flessibile fa da contraltare la sostanziale povertà di misure di sollievo fiscale per imprese e professionisti. Lo spesometro non è stato abolito, ma slitteranno al 28 febbraio 2019 i termini per l'invio dei dati sa per le comunicazioni trimestrali che per quelle semestrali. Lo split payment (l'Iva trattenuta dalla pa e versata allo Stato nei pagamenti ai fornitori) viene abolito solo per i professionisti, mentre per il redditometro ci si impegna solo a una generica «revisione». Niente compensazione automatica dei crediti e dei debiti nei confronti della pubblica amministrazione. Infine multe salate e obbligo di restituzione degli incentivi (inclusi quelli di Industria 4.0) per le imprese che delocalizzano entro cinque anni dal percepimento dei sussidi.

Confermato il divieto assoluto di pubblicità per siti e società di scommesse eccezion fatta per i contratti in essere e per le lotterie nazionali. «Un bluff», il commento di Forza Italia che bolla il provvedimento come un deterrente agli investimenti. Eloquente, invece, il silenzio della Lega.

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