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"Il barcone che ci hanno rubato vale un milione"

Una presunta motovedetta libica spara in acque internazionali per riprendersi un barcone zeppo di migranti soccorsi da una motonave italiano. L'armatore, Mario Mattioli, dell'imbarcazione coinvolta, Asso 21, conferma a il Giornale: "Hanno preso il barcone perché gli serviva per un altro viaggio"

"Il barcone che ci hanno rubato vale un milione"

Una presunta motovedetta libica spara in acque internazionali per riprendersi un barcone zeppo di migranti soccorsi da una motonave italiano. L'armatore, Mario Mattioli, dell'imbarcazione coinvolta, Asso 21, conferma a il Giornale : «Hanno preso il barcone perché gli serviva per un altro viaggio. Basta riempirlo di nuovo di immigrati e vale un milione di euro».

La nostra Marina militare lancia un elicottero che individua la motovedetta. A bordo i quattro ceffi armati di kalashnikov sostengono via radio: «Siamo della guardia costiera libica». Invece che sparare a prua per fermarli o affondarli li abbiamo lasciati andare. Le norme internazionali non permettono di far fuoco ad una motovedetta “governativa”, che si presenta come tale. Peccato che i libici a bordo, collusi o loro stessi scafisti, anche se facessero parte della guardia costiera sono partiti dalla Tripolitania controllata da un governo che l'Italia e la comunità internazionale non riconosce. Per di più i 250 migranti tratti in salvo si erano imbarcati a Sabrata, uno dei porti dove il traffico di uomini è controllato dai terroristi di Ansar al Sharia.

Il Giornale ricostruisce nei dettagli il vergognoso episodio avvenuto martedì, a 60 miglia dalla costa libica. Il rimorchiatore Asso 21, che lavora per le piattaforme dove opera l'Eni, soccorre un barcone di migranti: «Quando stavamo per ultimare il trasbordo e sul barcone erano rimasti ancora una trentina di persone sono arrivati su una motovedetta i miliziani libici, che hanno cominciato a sparare in aria» raccontano i sopravvissuti sbarcati ieri a Catania, dove la procura ha aperto un'inchiesta. «Due di noi sono finiti in mare, ma sono stati subito recuperati prima di annegare» aggiungono i testimoni oculari.

Una fotografia scattata da Asso 21 mostra la piccola motovedetta di tipo militare e colore grigio affiancata al rimorchiatore. Potrebbe essere di fabbricazione italiana, francese o russa regalata alla Libia ai tempi di Gheddafi. Si nota un lampeggiante blu bianco e rosso, ma nessuna bandiera o uniforme. I quattro a bordo indossano una cerata gialla ed almeno uno ha un kalashnikov. Nell'immagine spunta la prua del barcone azzurro, che i libici vogliono portarsi via per riutilizzarlo. «Non sono in grado di dire se fossero veramente della guardia costiera o meno - spiega l'armatore di Asso 21 - Hanno sparato in aria per far muovere più in fretta la trentina di migranti ancora a bordo del barcone e portarselo via».

La motovedetta rimorchia il barcone vuoto tornando verso la Libia. A circa un miglio c'è l'unità navale islandese, Tyr, mandata da Frontex. L'agenzia europea per i controlli dei confini conferma: «È' la seconda volta quest'anno che trafficanti armati si riprendono un barcone per il trasporto dei migranti in seguito ad un'operazione di soccorso in mare». L'allarme lanciato da Asso 21 attiva nave Bergamini, della Marina militare, che «ha individuato via radar il natante (dei libici, nda ) e ne monitorava e seguiva i movimenti anche con un elicottero». Dalla motovedetta in fuga comunicano via radio agli italiani: «Siamo della guardia costiera libica». La Marina fa finta di crederci. Secondo norme internazionali assurde, in queste circostanze, non si può intervenire su un natante “governativo” anche se la Libia è in mano alle milizie. E l'esecutivo di riferimento dei quattro ceffi a bordo è quello di Tripoli, che l'Italia non riconosce e accusa di collusione con gli estremisti islamici.

Nel comunicato della Difesa si legge che la Marina non ha riscontrato «le condizioni per dare seguito ad ulteriori azioni, mentre il barchino veloce entrava nelle vicine acque territoriali libiche». Una beffa, che non è l'unica nel canale di Sicilia. Il 4 aprile la Marina sequestra un peschereccio, che trainava un barcone con 716 migranti e arresta 5 sospetti scafisti compresi 2 libici.

Una fonte del Giornale rivela: «Le sedicenti autorità libiche hanno chiesto la restituzione del peschereccio e dei connazionali arrestati per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina».

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