Cresce la spinta del Tfr in busta paga

I lavoratori rischiano di restare nel menu di ogni riflessione futura sul Trattamento di fine rapporto

Cresce la spinta del Tfr in busta paga
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L'idea di restituire i soldi del Tfr ai lavoratori in busta paga, non credo che possa essere archiviata come un "dibattito estivo". Il fatto che non sia un progetto, ma solo un'idea, è legata al mio ruolo di oggi. Semplice osservatore. Ma si tratta di una cosa seria. Se poi la politica l'affronta bene, altrimenti a patirne le conseguenze saranno i lavoratori; in molti hanno ricordato in questi giorni un aforisma che si applica bene anche al nostro caso: se non sei al tavolo del negoziato, vuol dire che sei nel menu. I lavoratori rischiano di restare nel menu di ogni riflessione futura sul Trattamento di fine rapporto.

A cibarsi delle loro risorse sono un po' tutti: i Fondi pensione, le imprese, lo Stato. Mi pare che al Cnel, sull'onda della legge 76/2025 sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione dell'impresa, si stia ragionando sulla definizione di un disegno di legge (il Cnel è organo costituzionale con capacità di iniziativa legislativa) sulla possibilità di dirottare una parte del Tfr in cambio di quote del capitale delle imprese, non solo nei casi di crisi aziendale. Molti opinion maker e in qualche modo la stessa legge 76 insistono sulla necessità di "obbligare" in qualche modo i lavoratori a trasferire il loro Tfr nei Fondi pensione; ma nella realtà a tutt'oggi buona parte di queste risorse sono destinate al finanziamento delle imprese.

Come ha scritto l'informatissimo Giuliano Cazzola, replicando alla mia "idea", "dall'avvio della riforma, su 348,4 miliardi di Tfr, 192,9 miliardi (il 55,4% del totale) sono rimasti in azienda; 80,3 miliardi (il 23% del totale) è confluito nel Fondo di Tesoreria. La parte destinata alla previdenza complementare è stata di 75,2 miliardi di euro, il 21,6% del totale".

Si stima che ogni anno il flusso complessivo di Tfr generato nel sistema produttivo (che vale circa il 7% della retribuzione dei lavoratori) sia di circa 27,2 miliardi di euro; di questi, 14,7 miliardi sono rimasti accantonati presso le aziende. Cazzola si chiede: "È possibile privare di punto in bianco il sistema delle imprese di una forma di autofinanziamento di circa 15 miliardi ogni anno?".

La risposta è probabilmente negativa, ma dimostra come i soldi del Tfr siano di fatto un'alternativa (impropria?) al finanziamento delle banche. La banca delle imprese sono i lavoratori? Peccato che la remunerazione di questo capitale viaggi intorno al 2% per la rivalutazione del Tfr, contro un 8% (più o meno) preteso dalle poche banche che continuano a fare il loro mestiere: dare credito alle imprese. La stragrande maggioranza degli istituti di credito (sedicenti) non presta più denaro se non c'è una garanzia dello Stato.

Per i lavoratori oltre a perdere un possibile vantaggio sulla remunerazione del loro capitale c'è un altro paradosso: per poter ottenere un'anticipazione del Tfr devono sottoporsi alla discrezionalità dell'azienda e devono rispettare comunque una casistica rigorosa e assai "stretta": gravi motivi di salute e acquisto della prima casa (già la seconda non è ammessa). E comunque l'anticipo è limitato al 70% del totale cumulato.

Ma è normale che i lavoratori non possano decidere come e quando usare i propri soldi? Cazzola rammenta anche che un vero esperto di queste materie, Alberto Brambilla, ritiene che trasferire il montante del Tfr in busta paga potrebbe agevolare l'esigenza di migliorare il livello delle retribuzioni. Perché con un incremento generalizzato del 7% l'Italia non sarebbe più collocata tra gli ultimi Paesi in tema di retribuzioni. "Quando l'Ocse ci richiama all'ordine non calcola sostiene Brambilla questa voce retributiva peculiare del nostro ordinamento" chiosa Cazzola.

È tempo di liberarci dal paternalismo statale, che visto che gli italiani vengono abitualmente bocciati in educazione finanziaria pretende di renderli ancora sotto tutela, anche nell'uso di ciò che è loro.

Con una mensilità aggiuntiva, il valore del Tfr, ciascuno potrà valutare se e quanto destinare a forme di previdenza complementare o di altre coperture assicurative che riguardino il proprio futuro (fino alla non autosufficienza). Il mercato esiste e deve guadagnarsi i suoi clienti.

*Ex presidente dell'Inps

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