Berlusconi agli altri leader: «Diciamolo, siamo in guerra»

Il Cavaliere: "Bisogna estirpare il cancro del terrorismo alla radice Serve una coalizione sotto mandato Onu. E Renzi non tocca palla"

Berlusconi agli altri leader: «Diciamolo, siamo in guerra»

«Siamo in guerra». Silvio Berlusconi non usa mezzi termini per definire l'offensiva terroristica. Avverte, però, un netto distacco fra la condizione in cui si trova il mondo occidentale (la guerra, appunto) e la risposta internazionale.«Ci possiamo difendere - sostiene il Cavaliere - solo con una decisione doverosa che, però, i leader non hanno ancora preso». Vale a dire - precisa - «costituire una coalizione, sotto mandato Onu, che possa con un intervento militare estirpare il cancro alla radice».E non è un caso che anche un altro ex premier come Tony Blair sottolinei come sia necessario l'uso della forza per combattere il terrorismo. L'ex primo ministro britannico, a differenza di Berlusconi, ritiene indispensabili interventi terrestri, indipendentemente da chi li coordini. Il Cav, invece, pretende una legittimazione internazionale delle Nazioni Unite.

Insomma, Berlusconi ritiene possibili operazioni militari contro l'Isis «coordinate dalla massima istituzione mondiale. Una strada - ricorda - indicata da Putin nel suo intervento» al Palazzo di vetro di New York. E non è un caso che faccia riferimento al leader russo, in quanto - commenta - «sulla questione Renzi non tocca palla e non ha alcuna influenza sulle decisioni comuni».In un'intervista al Mattino, l'ex premier offre un parallelo con l'Iraq di Saddam Hussein. All'epoca - sottolinea - che «c'erano tre etnie in conflitto tra loro e un 60 per cento della popolazione analfabeta. Alla quale parlare di democrazia era ridicolo. Purtroppo ciò vale ancora per buona parte del Medioriente e dell'Africa. I paesi stabili sono tutti governati da regimi. Prendi il Marocco, la Giordania, la Siria, l'Egitto». Ciò non significa che in Siria debba restare Assad. «Non escludo - osserva Berlusconi - che si possa trovare una guida alternativa, sostenuta dall'Occidente, e capace di governare su quel che sarà della Siria». In qualunque caso, l'ex premier sottolinea che nonostante la gravità della situazione «è una assurdità totale dire che bisogna mandare via il milione e seicentomila musulmani dall'Italia».

Al contrario - spiega - «ci vuole una convinta opera di acculturamento e di imposizione delle regole». La posizione ufficiale di Forza Italia viene ribadita da Deborah Bergamini: «Forza Italia, ieri come oggi, è sempre pronta a dare il suo contributo nell'auspicio che ci sia l'unità di tutte le forze politiche nel contrasto al terrorismo internazionale». «Davanti al male assoluto del terrorismo - continua Bergamini - abbiamo sempre dato dimostrazione non solo di responsabilità e disponibilità ma anche di capacità di offrire proposte e soluzioni alla luce dei successi in campo internazionale ottenuti in passato dai Governi Berlusconi. In Italia come in Europa non è più il tempo di egoismi di parte o di tattiche dilatorie».

Ed a proposito del fronte europeo, la responsabile comunicazione di Forza Italia sottolinea che «davanti al nemico comune rappresentato dall'Isis, l'Europa deve dare dimostrazione di unità e fermezza, caratteristiche che purtroppo fino adesso sono mancate».

In più, «sarebbe velleitario e illusorio - aggiunge - credere di poter essere autosufficienti nella lotta al terrorismo: solo con una più stretta collaborazione fra tutti gli Stati civili si può sperare di sconfiggere questo male e tutte le conseguenze nefaste che ne derivano, a cominciare dall'esodo di milioni di profughi in Europa che scappano dai territori dove il Califfato si è insediato».

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