"Noi liberali e cristiani non siamo la Lega. Ma se Salvini ha il 30% giusto che sia leader"

Berlusconi, che oggi sarà alla manifestazione a San Giovanni, chiude alle polemiche: «Bisogna andare in piazza. Lì ci sarà l'Italia vera, concreta, che lavora, contro l'ideologia comunista»

"Noi liberali e cristiani non siamo la Lega. Ma se Salvini ha il 30% giusto che sia leader"

dal nostro inviato a Perugia

Una tavoletta di cioccolato per addolcire le fatiche del tour elettorale. Silvio Berlusconi passeggia fra i palazzi fiammeggianti di corso Vannucci, il salotto buono di Perugia, visita gli stand di Eurochocolate, la manifestazione che attira migliaia di persone nel capoluogo umbro, stringe mani e dispensa battute. Indossa il grembiule e lascia fluire la leccornia fondente dalla siringa. Scherza: «Prima di fare l'imprenditore, ho cambiato 22 lavori per cercare qualcosa che mi piacesse. Con questo sono 23».

Poi lancia un messaggio al firmamento politico: l'obiettivo è tenere unito il centrodestra, una macchina schiacciasassi che ha sbaragliato la concorrenza in tutte le ultime tornate amministrative. «Viva il centrodestra», aveva concluso il suo intervento giovedì sera, nella conferenza stampa tenuta insieme a Matteo Salvini e Giorgia Meloni per presentare la candidata governatrice Donatella Tesei. «Viva la Lega, Fratelli d'Italia e Forza Italia», aveva gridato, quasi come un patriota.

Ora, fra un selfie e un sorriso, sempre in compagnia di Andrea Romizi, il sindaco di Perugia al secondo mandato ma con la faccia da ragazzino, l'ex presidente del Consiglio fa un altro passo, sulle punte dell'umiltà, riponendo nell'armadio l'orgoglio. «Nel centrodestra - spiega - il leader è chi prende più voti. Quindi è evidente che se Salvini è oltre il 30 per cento, sia lui il leader». Un'incoronazione senza se e senza ma che è anche un invito alla collaborazione e alla moderazione. «Ma noi - riprende subito smarcandosi - non siamo la Lega, siamo i continuatori della tradizione liberale, occidentale, cristiana, garantista».

Forza Italia non è una succursale, solo riverniciata con tinte più moderate, del Carroccio. No, ha un suo timbro originale che non si misura solo con i consensi, neppure in questi tempi di sovranismo, ma Berlusconi spinge perché la coalizione acquisti una fisionomia sempre più precisa e si stabilizzi, senza le schizofrenie dell'ultima stagione salviniana.

In primo piano c'è la manifestazione di oggi a Roma, una spallata al governo targato Pd e 5 Stelle.

«È giusto andare in piazza», si accalora il Cavaliere che in un primo momento aveva immaginato di fare, come si usa dire, «opposizione responsabile» in Parlamento, ma poi il fondatore di Forza Italia ha scoperto che il nuovo esecutivo sta preparando una riforma a colpi di manette contro l'evasione fiscale e in particolare una norma che abbassa vertiginosamente l'asticella del penale e fa scattare il reato un centesimo sopra i cinquantamila euro. E allora ci ha ripensato, ha stabilito di rompere gli indugi e di correre a San Giovanni. «Quelli della Lega - continua Berlusconi - potranno pure avere delle reazioni tipo fischi, ma non mi importa niente. Io sono sicuro di quello che penso».

Allo stesso modo liquida le obiezioni di Mara Carfagna che lo aveva invitato a stare alla larga da San Giovanni e dalle infiltrazioni dell'ultradestra. «Noi siamo il centrodestra unito», risponde il Cavaliere che considera l'attuale compagine di governo il pericolo maggiore. «Non ho sentito la Carfagna e non so se la sentirò», fa sapere con parole gelide Berlusconi che invece si concentra sull'appuntamento di oggi: «Dobbiamo dire agli italiani che, attenzione, stanno mettendo a rischio la loro libertà. Come titolo della manifestazione direi - aggiunge prima di infilarsi in macchina e di partire per Roma - che là ci sarà l'Italia vera, concreta, che lavora, contro l'Italia ancora ideologica legata al comunismo».

La piccola folla che lo attornia

prova a trattenerlo, ma c'è tempo solo per i saluti a una bambina. «Adesso scusatemi - si congeda l'ex premier facendosi improvvisamente serio - ma devo andare ai funerali di Paolo Bonaiuti». Per tanti anni il suo portavoce.

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