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Berlusconi e Salvini firmano la tregua: "Posizione comune sui principali temi". E Matteo rilancia: "Sì alla federazione"

Il leader della Lega telefona al Cavaliere dopo gli attriti degli ultimi giorni culminati con l'uscita di tre deputati azzurri verso il Carroccio. Ma il suo progetto a urne lontane lascia perplesso l'ex premier.

Berlusconi e Salvini firmano la tregua: "Posizione comune sui principali temi". E Matteo rilancia: "Sì alla federazione"

Roma. Arriva la tregua, tra Lega e Forza Italia, ma è ancora presto per parlare di pace vera. Dopo gli attriti per la disponibilità di Silvio Berlusconi alla collaborazione con il governo, le tensioni sull'emendamento antiscalata favorevole a Mediaset, il passaggio di tre azzurri al Carroccio e le polemiche sull'arresto di Tallini (Fi) in Calabria, Matteo Salvini prende l'iniziativa e telefona al Cavaliere.

Da un paio di giorni i «pontieri» dei due partiti lavoravano ad un chiarimento, ma gli irrigidimenti dei leader portavano a rinvii. Nel primo pomeriggio, però, il Capitano si decide a fare il primo passo. E propone una federazione del centrodestra «per portare al governo soluzioni comuni e proposte concrete».

La conversazione è «cordiale», assicurano, e ribadisce l'unità della coalizione. Al centro, soprattutto tasse e lavoro, «al di là delle beghe sui giornali», taglia corto Salvini su SkyTg24. Parla di «unire i cuori» e i gruppi parlamentari (insieme sarebbero 254 deputati e 135 senatori), per ottenere di più sulle misure economiche, fare insieme emendamenti alla legge di bilancio, «concordare una linea unitaria in aula su pochi obiettivi pro imprese e famiglie in difficoltà». Una battaglia comune del centrodestra in parlamento e il Capitano aggiunge, sul bilancio: «Se ci spiegano come usano i soldi siamo pronti a votare lo scostamento, basta che non si parli di monopattini, ma di aiuti concreti».

Fin qui, il leader leghista. Lo stesso che nel 2017, prima delle elezioni, proponeva la federazione per battere sinistre e M5s e poi fece il Conte 1, con i grillini. Lo stesso che poco più di un anno fa, dopo aver rotto il governo gialloverde, annunciava: «Corro da solo». E che ora, ansioso di essere riconosciuto come leader di tutta la coalizione («la Lega è il primo partito e il centrodestra è maggioranza assoluta nel Paese» ), ricorda agli alleati: «Bisogna aggiornare le battaglie storiche di Berlusconi, che ha avuto il merito di unire. Dobbiamo pensare non a domani, ma all'Italia del 2040, alle sfide del futuro».

Ma il leader di Fi, se mostra disponibilità per far fronte comune in Parlamento, sulla federazione non si sbilancia. E anche in FdI si va molto cauti. Dice il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida: «Difficile giudicare cosa intende Salvini, noi per primi abbiamo chiesto un coordinamento dei gruppi». Dell'idea si parla da anni. E all'ex premier la proposta non arriva inaspettata e recentemente ci ha molto ragionato con i suoi consiglieri. In più, Salvini la rilancia dopo aver calcato la mano con gli azzurri toccando nervi scoperti ed essersi mostrato come mai leader della Lega più che della coalizione. Forse pensa che per preparare la strada basti la retromarcia sulla pregiudiziale di costituzionalità per l'emendamento Mediaset-Vivendi e che la mossa sia utile per bloccare un dialogo tra azzurri e maggioranza, che era vicino a portare risultati sull'economia.

Il Cavaliere, se difende l'unità del centrodestra che ha fondato, è molto impegnato nel rilancio di Fi, convinto che la sua identità vada difesa ed esaltata. Se si tratta di una fusione dei gruppi per acquisire più forza e compattezza in Parlamento, con 254 deputati e 135 senatori, l'idea può esser vista con favore, ma c'è da capire che s'intende per federazione. Si rischia che una forza in calo di consensi diventi un'azionista del primo partito italiano, ma un'azionista di minoranza. E a che prezzo? Berlusconi è rimasto colpito dal passaggio dei tre azzurri alla Lega, e nella riunione di venerdì con i coordinatori cittadini ha avvisato: «Chi non condivide la mia linea è meglio che se ne vada». Ora la preoccupazione è che accettare la proposta di Salvini possa svilire le caratteristiche moderate ed europeiste di Fi, col rischio di essere risucchiata dal Carroccio. Quando si arriverà alle elezioni (tra 2 anni?) potrebbe essere ridotta al minimo storico e allora chi e come deciderebbe le candidature? «Quando nacque il Pdl -spiega un azzurro di rango-, ci fu un patto con An basato sui sondaggi, per un rapporto di 1 a 3. Ora che garanzie avremmo di non essere svuotati dalla Lega, se non si stabiliscono quote in base al peso elettorale?». Per non parlare dello spinoso tema del sovranismo e della difficoltà di rappresentare in Europa una federazione di tre partiti appartenenti a tre gruppi diversi. Ma la federazione potrebbero essere un elemento di sicurezza, come dice Giorgio Mulé, «la naturale evoluzione di un centrodestra fondato da Berlusconi». Spiega la presidente dei senatori di Fi, Anna Maria Bernini: «L'unità d'intenti ribadita nella telefonata tra Berlusconi e Salvini rafforza la coalizione, la battaglia comune in parlamento e l'impegno nell'interesse del Paese».

E ora, aggiunge Mariastella Gelmini, capogruppo alla Camera, «ci aspettiamo parole chiare e impegni concreti dall'esecutivo».

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