RomaBerlusconi resta in campo eccome. Anzi, farà uno sprint elettorale nei prossimi giorni: venerdì e sabato a Napoli a sostenere Caldoro e poi lunedì in Umbria, martedì nelle Marche, e mercoledì in Liguria con Toti. Non solo: interviste a tutto spiano, sia ieri sulle tv locali sia - oggi - sulle reti Mediaset . Parla a ruota libera: «Troppi hanno utilizzato la politica come un taxi», dice riferendosi a Fitto, ribelle che il Cavaliere considera un «politicante». Dice: «Fi è sempre stata qualcosa di diverso da un partito. È un movimento e le sue logiche sono completamente diverse da quelle di chi fa politica per professione, per questo i politicanti prima o dopo se ne sono andati».
Il percorso del Partito Repubblicano quindi resta valido al netto dello strappo fittiano che consuma una scissione a metà: niente gruppi autonomi, almeno per ora. I maligni sostengono che l'ex ministro pugliese non ha l'esercito: alla Camera mancano le truppe perché per fare un gruppo occorrono venti deputati; più facile al Senato anche se il capogruppo di Fi Paolo Romani lo esclude: «Fitto sta trascinando alcuni verso un'avventura dai contorni oscuri, ma credo che sarà in difficoltà anche solo a reperire 10 persone qui al Senato per fare un gruppo».
Il Cavaliere, scocciato, torna a smentire le ricostruzioni giornalistiche apparse su Repubblica secondo cui starebbe lavorando a un' exit strategy per chiudere definitivamente con la cosa pubblica: «Anche oggi su Repubblica leggiamo fantasiose ricostruzioni giornalistiche», dice una nota ufficiale. Berlusconi è ancora in prima fila anche se l'ex premier ha la testa sulla politica nazionale, convinto com'è che le amministrative non andranno bene perché «i moderati non vanno a votare mentre la sinistra militarizzata è sempre presente ai seggi».
Sulla disgregazione in atto nel centrodestra, invece, l'ex premier non se ne cruccia, anzi. Già, Fitto. L'ex ministro, ieri ufficialmente entrato nel gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei (Ecr), glissa sui gruppi autonomi. Incalzato in conferenza stampa risponde piccato: «È una partita che non si gioca con un parlamentare in più o in meno ma si muove in una prospettiva politica». La frenata arriva anche sul possibile nuovo partito: «No, non abbiamo un simbolo. La nostra è solo un'associazione; il resto lo vedremo dopo». Ma il «dopo» è vicino: subito dopo le elezioni.
Quindi, a smentire le ipotesi di una resurrezione del patto del Nazareno, attacca il governo: sull'immigrazione, «Non si può accettare che gli Stati dicano di no alle quote e quindi il governo Renzi deve agire. Con me il problema non esisteva perché avevo fatto accordi con i Paesi del Mediterraneo e messo militari al lavoro per accoglierli, aiutarli e riportarli anche negli Stati di provenienza».
E ancora: «Io vengo dalla trincea del lavoro, dalla cultura del fare. Renzi è bravissimo a comunicare, ma quando poi si tratta di fare le cose mostra delle carenze importanti. Io penso, rispetto a lui, di saper parlare, oltre che alla testa, al cuore della gente».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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