Berlusconi pensa al 2018: "Vinciamo i ballottaggi e poi uniti al governo"

Il Cavaliere rilancia la trattativa sulla legge elettorale: "L'unico sistema è il proporzionale"

Berlusconi pensa al 2018: "Vinciamo i ballottaggi e poi uniti al governo"

«Siamo già proiettati alle prossime elezioni», avverte Silvio Berlusconi a Tgcom24 su Mediaset. Alla vigilia dei ballottaggi delle amministrative, il Cavaliere si sente «40 anni» e gioca una doppia campagna elettorale. Conta sulla vittoria domenica di un centrodestra unito e prevede che si andrà al voto nazionale «a febbraio o marzo 2018», perché il governo Gentiloni «non cadrà».

Prima, bisogna varare la legge elettorale e il leader di Fi insiste sul sistema proporzionale, l'unico «che rispetta il volere degli elettori in un sistema tripolare». Il risultato «assai deludente» alle amministrative del M5s è stato interpretato come «un ritorno del bipolarismo», ma a livello nazionale quella di Beppe Grillo «rimane una forza temibile».

Il Cavaliere assicura che con Lega e Fdi c'è l'accordo su «un programma rivoluzionario», solo «restano da mettere i puntini sulle i» (l'euro, per primo). E del suo partito parla come di «una sorta di bene rifugio, che non perde mai di valore», com'è stato nel '94.

Pensa ad un prossimo esecutivo con 12 ministri della società civile e 8 politici: 3 alla Lega, 3 a Fi e 2 a Fdi. Nell'intervista a L'aria che tira, su La7, Berlusconi fa anche dei nomi. Matteo Salvini all'Interno, dove «farebbe certamente meglio di Alfano, ma può andare dove vuole». Gli è «sempre piaciuto Montezemolo, agli Esteri sarebbe perfetto». E vorrebbe «recuperare Frattini».

Le interviste invadono tv e giornali. In una precisa che una vittoria a Genova, dove c'è una delle sfide più significative, per lui rafforzerebbe l'alleanza con la Lega. David Parenzo gli chiede se «era più facile trattare con Bossi o con Salvini», lui risponde, conciliante: «Dipende dalla stagione. Io sono concavo e convesso». Non cerca polemiche con l'alleato del Carroccio, il Cavaliere, ma a Salvini che non è d'accordo con lui sul pericolo M5s («non sono il male assoluto»), replica che la classe dirigente è di gente che «prima non ha fatto niente di buono». Altro che antipolitica, per Berlusconi sono loro «i veri professionista della politica, perché vivono dell'indennità parlamentare».

L'opposto dei candidati sindaci di centrodestra, quasi tutti arrivati dalla società civile, con professioni di successo alle spalle, impegnati a «garantire meno tasse, meno burocrazia, meno multe inutili, più sicurezza, pulizia, cura del verde e sostegno ai bisognosi».

Liquidato il M5s, Berlusconi passa all'avversario Matteo Renzi, che quando venne ad Arcore gli «piacque molto», gli diede «la netta impressione di non trovarmi di fronte ad un comunista», come quelli del «piccolo partito» di D'Alema e Bersani, «ancora nostalgicamente legati alle vecchie ideologie comuniste». Però, aggiunge l'ex premier al Quotidiano di Puglia, ormai «la capacità inclusiva di Renzi si è ampiamente esaurita». No, per Berlusconi non è lui il Macron italiano. Né si può pensare che lo aiuti Romano Prodi, già scottato dalla figuraccia fatto nella corsa al Quirinale, quando i dem «lo tirarono in ballo ma poi lo lasciarono a ballare da solo». Sorride il leader azzurro: «Ha dichiarato che gli piace fare il nonno, e fare il nonno da più soddisfazione della politica».

Poi, una stoccata al governo sul post terremoto, perché un anno dopo ci sono tanti «cittadini ancora accampati, che si sentono totalmente abbandonati dallo Stato». A L'Aquila, ricorda, «in 5 mesi abbiamo dato un tetto a 20 mila persone». Torna sull'oppressione fiscale e giudiziaria, da combattere, consiglia a Virginia Raggi di «fregarsene» di inchieste e di avvisi di garanzia: «Semmai dovrebbe lasciare per incapacità». Spiega che «la Rai deve diventare una vera tv pubblica, che faccia tutto ciò che le tv commerciali non fanno e invece ora copia» e sulle indiscrezioni di candidature di Nicola Porro e Mario Giordano taglia corto: «L'idea di portare via giornalisti da Mediaset cadrà nel vuoto assoluto».

Berlusconi è

sempre lo stesso, di calcio e di donne non può non parlare. «Donnarumma l'avrei convinto a restare. Mi piacerebbe rivedere Ibrahimovic al Milan». E poi: «Di Trump mi piace la moglie Melania. Per bellezza, stile e fascino».

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