Il bluff dei (finti) pentiti intercettati

Si dicono pronti a collaborare. Ma solo col via libera dei boss

Il bluff dei (finti) pentiti intercettati

Il pentitismo è morto, parola di pentito. «Prima di parlare mi metto d'accordo con il boss», dice convinto di non essere ascoltato Raffaele Imperiale, detto Lelluccio Ferrarelle, affiliato del clan Amato-Pagano di Napoli, il più importante trader di cocaina dal Sud America ai porti di Rotterdam e Anversa. Chissà se sulla scrivania del Guardasigilli Carlo Nordio sono arrivate le carte della maxi inchiesta di cui hanno scritto nei giorni scorsi Il Fatto Quotidiano e il Domani. Il nome in codice è Emma 95 ed è servita a smantellare una fittissima rete di narcotrafficanti italiani e stranieri, che al telefonino chiacchieravano (fin troppo) allegramente mentre gestivano traffici per 900 milioni di euro l'anno tra Olanda, Australia, Dubai e il Sud America, quattro tonnellate ogni trenta giorni dalla Colombia all'Europa, convinti che i telefonini e i software Encrochat e Sky Ecc fossero a prova di decriptazione. E invece i crypto narcos sono stati fregati dai detective francesi e olandesi coordinati da Europol: non solo due anni di telefonate e messaggini non sono state cancellate, ma i trafficanti sono stati registrati, le loro frasi sbobinate, le loro identità coperte da una stringa alfanumerica smascherate. Ora, le modalità delle procedure di acquisizione di queste intercettazioni in spregio alla legislazione italiana lasciano strada a possibili scontri di carte bollate, come già avvenuto a Napoli e come presto succederà a Roma e a Milano. Il Riesame di Napoli ha deciso l'inutilizzabilità delle chat, altri tribunali per modalità simili non sono state dello stesso avviso. Un'altra grana per Nordio, che già ha criticato il sistema delle intercettazioni a strascico, su cui non potrà che pronunciarsi, e presto. Seppure teoricamente inutilizzabili, alcune frasi intercettate rivelano come l'intuizione di Giovanni Falcone sia diventata il campo da gioco preferito di chi vuole depistare i magistrati. Basta leggere quello che dice Imperiale il 23 febbraio del 2021. L'ex bibitaro finito in Olanda a fare affari con gli Scissionisti sopravvissuti alla mattanza del clan Di Lauro durante la prima faida di Scampia parla con il calabrese Bartolo Bruzzaniti, broker di 'ndrangheta che avrebbe sostituito l'ex re dei narcos Rocco Morabito. E racconta quando nel 2016, mentre era a Dubai, gli trovano in casa due Van Gogh spariti quattordici anni prima dal museo di Amsterdam: «Abbiamo preso la strada di ammissione delle colpe con la restituzione dei quadri perché è l'unico modo per difendersi dai pentiti senza danneggiare nessuno», dice Imperiale, citando come un avvocato «il comma 7 dell'articolo 74» che prevede sconti di pena a chi smantella l'organizzazione». Due ladruncoli olandesi gli avevano venduto per 350mila euro La spiaggia di Scheveningen prima di una tempesta del 1882 e Una congregazione lascia la chiesa riformata di Nuenen del 1885, oggi tornati ad Amsterdam.

Ufficialmente Imperiale collabora con la procura di Napoli dallo scorso ottobre, eppure come scrive il Fatto per sua stessa ammissione prima di parlare chiede «sempre autorizzazione al boss Amato - dice - sono cresciuto con lui...». La frase è vera? È utilizzabile processualmente? C'è da fidarsi di lui? A Nordio l'ardua sentenza.

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