Il bluff di Salvini sulla flat tax. E i grillini sbottano: sei sleale

Il leghista riscopre la promessa elettorale (sapendo che adesso è irrealizzabile). Di Maio: testa bassa e lavorare

Il bluff di Salvini sulla flat tax. E i grillini sbottano: sei sleale

Manca poco più di un mese al voto europee, e Matteo Salvini è alla frenetica ricerca di un nuovo «albero degli zecchini» da promettere agli elettori.

Così tira fuori dalla naftalina la flat tax, che aveva archiviato per impraticabilità finanziarie e politiche all'epoca del fidanzamento governativo con Luigi Di Maio, accontentandosi di un vago accenno pro-forma nel programma. Ora invece diventa di colpo la sua urgenza primaria: «È una nostra priorità e c'è nel contratto di governo - tuona -. Quindi come noi rispettiamo e approviamo quello che c'è nel contratto, e che magari non è nel Dna della Lega, come il reddito di cittadinanza, altrettanto rispetto chiediamo sul tema fiscale». E intima a Tria: «Va assolutamente inserita nel Def».

Ovviamente il ministro dell'Interno sa benissimo che il Def sancirà che non c'è un euro in cassa, il Pil non accenna a crescere e lo spazio fiscale del governo è pari allo zero. Ma Salvini si è accorto di avere un problema con quell'elettorato moderato, settentrionale e produttivo che dava per scontato di avere in pugno. Un elettorato sempre più deluso, che invece guarda con crescente orrore alle devastazioni economiche che, in pochi mesi, la linea dello statalismo clientelare e parassitario del governo grilloleghista ha prodotto, con il Pil che cala e la pressione fiscale che sale.

Così il vicepremier del Carroccio reagisce con stizza al sondaggio secondo cui l'80 per cento degli imprenditori italiani bocciano senza appello l'esecutivo «Porto rispetto a tutti ma sono quelli che vedevano in Monti e Renzi i salvatori della patria: hanno sbagliato clamorosamente, quindi vediamo». E tenta precipitosamente di promettere che l'Eldorado della flat tax è dietro l'angolo per recuperare il loro sostegno. Il battage della Lega per scrivere la formuletta magica nel Def, che sarà varato a giorni serve a sventolare la bandiera in campagna elettorale. Poi, di qui alla manovra vera di fine anno, si farà presto a far tornare la «tassa piatta» nel cassetto.

Tria ha già detto che non se ne parla, anche perché il Def non conterrà elenchi di misure specifiche. E il premier Conte dà un colpo al cerchio e uno alla botte: certo, la flat tax «è nel programma», quindi ci si penserà «nella prossima manovra», ma «tenendo conto del quadro di finanza pubblica». Gli alleati grillini si barcamenano anche loro: «Siamo leali con il contratto, se mai è Salvini quello che ha iniziato a tradire il contratto con castrazione chimica e armi libere». Ma la riforma è troppo costosa: le stime più ottimistiche, ossia quelle della Lega, dicono che servono 12 miliardi. Figuriamoci le stime vere. Con mirabile faccia di bronzo, i grillini fanno la morale agli alleati: «Non abbiamo mai detto di non volere la flat tax, ma che non bisogna fare facile campagna elettorale su certe misure, perché sono ambiziose e costano», ammoniscono. Poi, per contendere palmo a palmo il terreno al Carroccio, i Cinque Stelle lanciano la loro surreale controproposta fiscale: facciamo anche noi la flat tax, fanno trapelare gli strateghi fiscali di Gigino Di Maio, ma articolata «su tre scaglioni». Un ossimoro, in pratica, visto che per «flat» si intende «unico scaglione».

Invece per la Lega sarebbero due, per il movimento Cinque stelle tre e alla fine, nella manovra vera, verrà lanciata la mirabolante flat tax in cinque scaglioni. Ossia quella attualmente in vigore. Il governo intanto va avanti tra dispetti ed esortazioni come quella di Di Maio: «Testa bassa e lavorare».

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