nostro inviato a Santa Maria della Versa (Pavia)
Bollicine che evaporano. Sopra un oceano di incertezze. Che poi quell'oceano sia Pacifico o Atlantico, per raggiungere l'America o la Cina, è ancora tutto da vedere. Da decidere. Il fatto è che le Cantine La Versa, centonove anni di storia di un brindisi d'eccellenza, stanno facendo acqua. E debiti. Qualcosa come 12 milioni euro con le banche, due milioni con i fornitori, quattro milioni con i soci. Totale: 18 milioni di euro di profondo rosso. Che non è un nuovo, particolare tipo di «barricato» ma il triste segno di un declino. Colpa di strategie sbagliate, di investimenti non proprio azzeccati, (qualcuno critica persino la bottiglia-scultura di firmata da Carlo Mo simbolo dell'azienda) e di un mercato che sembra aver voltato le spalle ad un prodotto serio che è nato e cresciuto qui. In cima all'Oltrepò Pavese. Sul cucuzzolo di una collina che domina vigneti, dove il pinot nero, linfa vitale dello spumante metodo classico, ha allietato per anni i momenti più belli e più intensi di un gran bel mondo di intenditori.
Fine dello spot. E dei sogni di gloria che il fondatore dell'azienda, Cesare Gustavo Faravelli pensò di inanellare per il futuro, assieme a ventidue soci quando, il 21 Maggio del 1905, decise di dare corpo ad un gran vino che raccontasse queste terre. Una storia meravigliosa. Unica. Che non merita di finire in soffitta, ma deve e dovrà restare in un angolo del cuore. E con questa spinta che il presidente di Cantine La Versa, il dottor Alberto Dino Scarabelli è ripartito alla carica. «Certo - esordisce quando vede la mia faccia un po'sconcertata- lei non ha azzeccato il giorno per venire a trovarci. Il venerdì è giorno di cassa integrazione totale per i nostri 40 dipendenti e questo spiega la desolazione che vede intorno e che ci rattrista. Ma, sa com'è, abbiamo rinunciato a pigiare di venerdì perché altrimenti la pigiatura andrebbe avanti anche il sabato e la domenica e i costi salirebbero alle stelle. Così pigiamo nei primi giorni della settimana». Parliamo di futuro: per salvarvi, diventerete americani? «Potremmo stringere a breve un accordo con un partner americano ma all'orizzonte c'è anche una cordata cinese, però, le assicuro che vogliamo continuare a restare italianissimi nel nome, nell'immagine e nella storia. Diciamo che i soci, guardano di buon occhio un'intesa con l'azienda "Tommasi", ben noto marchio della Valpolicella, che propone un progetto di rilancio con una cordata di cui fa parte una cantina americana che garantirebbe un flusso significativo di export. Ma le opzioni per il salvataggio e il rilancio di La Versa in questo momento sono almeno cinque tra cui, appunto, anche quella dell'ingresso di un partner cinese a testimonianza di un mercato, quello orientale, che sta cominciando ad apprezzare i nostri vini di pregio non a caso abbiamo ricevuto un premio all' Interwine International Wine di Guangzhou. Certo bisogna far presto perché La Versa non ha più molta autonomia».
Previsioni per un'intesa? Entro poche settimane, mi auguro». Nel frattempo? «Nel frattempo abbiamo chiesto ai soci il massimo che ci possiamo permettere: il conferimento di diecimila quintali di produzione, giusto per non perdere le forniture alla grande distribuzione che in questo momento ci tiene a galla. Certo siamo lontani dai numeri del 2010 quando la produzione fu di 112 mila quintali. Deciso a salvaguardare tutti e i 40 i posti di lavoro è il sindacato che, conferma Cinzia Saviotti, segretaria pavese della Flai, La Federazione dei lavoratori dell'agroindustria, «non ha pregiudiziali su chi salverà La Versa. Non ci interessa che sia americano, cinese o di qualsiasi altra nazionalità, ci basta che lasci radicata l'azienda nel suo territorio, che non provi a snaturare un marchio di eccellenza e che non arrivi con le cesoie solo per far piazza pulita dei dipendenti e ridurre sul lastrico un buon numero di famiglie». Allarga le braccia, quasi sconsolato, il direttore amministrativo Daniele Calatroni mentre ricorda i bei tempi in cui il marchese Antinori e il Duca Antonio Denari, alla guida negli Anni Ottanta di La Versa, dialogavano qui, alla pari, e facevano grandi progetti perché il vino dell'Oltrepò avesse il suo giusto riconoscimento. E invece sono stati più bravi in Franciacorta dove hanno saputo fare marketing e promozione per sostenere il loro prodotto».
«Fossimo in Chiantigiana -tuona il toscanissimo Giuseppe titolare dell'osteria La Versa a pochi centinaia di metri dalla Cantina- qui sarebbe un pullulare di turisti. Ci sarebbero decine di agriturismo e la gente potrebbe scoprire i paesaggi e le bellezze di queste terre. Io mi ci trovo bene qui, per questo ho scelto di fermarmi, Ma debbono darsi una svegliata, mi creda».
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