Bolsonaro-Haddad, testa a testa in Brasile

Oggi il voto per il primo turno, ballottaggio probabile. Astensionismo record

Paolo Manzo

San Paolo «Se il meglio è nemico del bene, lo è anche il peggio». Basti la battuta di uno dei quasi 150 milioni di brasiliani che oggi dovrebbero recarsi alle urne nel Paese del samba il voto è obbligatorio ma data la multa irrisoria per «bucare» sia il primo turno odierno sia il ballottaggio del prossimo 28 ottobre, e visto l'alto tasso di rigetto dei candidati favoriti il condizionale è d'obbligo perché le presidenziali del 2018 qui saranno ricordate per il livello record di astensionismo. Oltre che per un'incertezza che ricorda il 1989, quando il testa a testa fu tra l'ex «cacciatore di maragià» Collor de Mello, così soprannominato per la sua lotta (verbale) contro gli alti salari di politici e statali, e l'ex sindacalista (e povero) Lula.

All'epoca vinse il primo poi costretto a dimettersi per corruzione ed oggi coinvolto sino al collo nella Mani Pulite locale avendo «cacciato» più che gli sprechi altrui tangenti cash e auto di lusso a go-go, comprese una decina di Lamborghini, Ferrari e Porsche, tutte da lui conservate in garage. Lula avrebbe invece vinto, anzi stravinto, 13 anni dopo anche se oggi, dal carcere dov'è rinchiuso per corruzione, punta sull'amnistia che se eletto gli darebbe Fernando Haddad, il candidato di sinistra da lui scelto. In base ai sondaggi sarà costui a contendere la presidenza a Jair Bolsonaro, «Bolsomito» per i suoi supporter, uno «zero a destra» che fa pendant con lo «zero a sinistra» rappresentato dall'ultimo delfino in libertà di Lula. «Perché il presidente più amato della storia recente verde-oro abbia scelto di appoggiare un candidato debole come Haddad, puntando su una candidata alla vicepresidenza che non porta un voto in più come Manuela Davila, è spiegabile solo col suo timore di perdere il controllo appoggiando uno preparato come Ciro Gomes», racconta al Giornale un alto funzionario dello Stato verde-oro da sempre vicino alla sinistra pensante brasiliana, che pure esiste. Ciro, soprattutto, «ne capisce di economia ed è indipendente», racconta l'amico di Giovanni Falcone, il giudice in pensione Walter Fanganiello Maierovitch, che proprio per Gomes voterà oggi. Purtroppo sarà minoranza, come a destra Diogo Mainardi, gran giornalista liberale che, invece, voterà per il 55enne João Amoedo, uno che di mercati ne sa come pochi.

A detta dei sondaggi, però, i brasiliani sceglieranno il peggio sia a sinistra, puntando sul «prestanome di Lula» Haddad, sia a destra, scommettendo su Bolsonaro.

Uno sostenuto a San Paolo dal presidente della Fiesp, la Confindustria locale, padrino politico del parlamentare eletto all'estero tra le fila del Pd Fausto Longo, ma anche dai boss del gioco del bicho di Rio, il lotto illegale che al posto dei numeri ha gli animali. I membri del Pcc, il Primo Comando della Capitale che gestisce il mercato della droga, invece, vedono il candidato della destra male, almeno sui social.

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