Treviso - Il ministro Roberta Pinotti dice e non dice. «Ci stiamo ragionando», sono le sue parole: un modo per lanciare il sasso e nascondere la mano. Ritorna la leva obbligatoria? Il tema è di quelli caldi, scottanti come il sole che picchia su Treviso dove sfilano 80mila penne nere per l'Adunata del Piave. La naja, odiata da generazioni di diciottenni che oggi invece mettono in tasca la mancia di 500 euro regalata da Matteo Renzi. Gli alpini non fanno una piega sotto il sole, «veci» e «bocia» percorrono i viali del capoluogo della Marca gioiosa composti e ordinati prima degli ultimi bagordi alcolici. Quando i reparti arrivano in piazza della Vittoria, dove sono allestite due tribune a gradoni come quelle degli autodromi, fanno il saluto al labaro carico di centinaia di medaglie al valore e al monumento ai caduti inaugurato da Vittorio Emanuele III. E omaggiano pure il ministro della Difesa, occhialoni neri e camicetta blu, senza sapere ancora la sorpresa che la Pinotti ha in serbo per loro. La sorpresa è una dichiarazione a margine della sfilata. Ed è un'apertura a ripristinare la leva obbligatoria «in qualche forma». Non è detto che il governo voglia riaprire le caserme, più probabile che si voglia imporre un anno di servizio civile. «Utilizzo dei giovani in ambiti di sicurezza sociale», sono le parole della titolare della Difesa. Il dibattito, aggiunge, si è riaperto in Europa: la civilissima Svezia ha già deciso di ripristinare l'obbligo militare nel 2018 mentre in Francia la questione è stata affrontata da vari candidati alla presidenza, «compreso Macron», puntualizza la Pinotti. Spiega il ministro: «Da un lato, per le missioni internazionali, abbiamo bisogno di militari professionalmente preparati e qui la leva obbligatoria non sarebbe lo strumento più idoneo. Ma l'idea di riproporre a tutti i giovani e alle giovani di questo paese un momento unificante, non più solo nelle forze armate ma con un servizio civile che divenga allargato a tutti e in cui i giovani possono scegliere dove meglio esercitarlo è un filone di ragionamento che dobbiamo cominciare ad avere». Alla vigilia di una campagna elettorale, può essere utile lisciare il pelo a queste schiere di servitori della patria. La cancellazione della naja, introdotta nel 1861 e non più obbligatoria dal 2004, è un peccato che le penne nere faticano a perdonare al centrodestra. L'altro giorno Beppe Parazzini, che era presidente dell'Associazione nazionale alpini ai tempi dell'abolizione, era stato sferzante parlando con il Giornale. Aveva bollato il colpo di spugna come «l'unico caso di un articolo della Costituzione disatteso da una legge ordinaria» e aveva aggiunto: «Dissero che si rubava un anno di lavoro ai giovani. Adesso sono tutti disoccupati, non hanno nulla di cui essere derubati: potrebbero frequentare una scuola di vita ed essere utili nelle emergenze».
Anche il mensile L'alpino ha puntato il dito
contro l'abolizione della leva. Il direttore, Bruno Fasani, nell'editoriale di aprile ha criticato «certa politica, figlia matura di un Sessantotto che puntava a mettere fiori nei cannoni e a fare l'amore e non la guerra».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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