Bomba sul bus di turisti alle Piramidi

Pullman di viaggiatori vietnamiti salta su un ordigno: tre le vittime e dieci i feriti

Luigi Guelpa

Dopo le due turiste scandinave sgozzate lo scorso 17 dicembre in Marocco, il jihad torna a colpire nel Maghreb, prendendo questa volta di mira l'Egitto. È di 3 morti e di almeno 12 feriti infatti il bilancio dell'esplosione che ha travolto un pullman di turisti vietnamiti nella piana di Giza, a pochi passi dalle piramidi. La mano assassina dovrebbe essere quella di Ansar Bayt al-Maqdis, i «Partigiani di Gerusalemme», cellula fedele all'Isis e protagonista ormai da anni di una lunga serie di attentati nella regione a ridosso del Mar Rosso, rintuzzata verso il confine palestinese dall'esercito egiziano con una certa difficoltà. L'attentato è avvenuto alle 18.15 locali (le 17.15 in Italia), quando un ordigno di fabbricazione artigianale è esploso vicino a un muro adiacente alla strada durante il passaggio di un autobus con 14 turisti vietnamiti, lungo Mariyutiya Street, nel quartiere di Haram, causando appunto la morte di tre persone (un egiziano e due vietnamiti) e il ferimento di 10 turisti, oltre a due egiziani, una guida e l'autista dell'autobus.

«È accaduto tutto in maniera molto rapida - racconta Pham Duc Huy, medico 57enne, uno dei turisti sopravvissuti alla strage -, ho sentito un colpo sordo, come se fosse esplosa una ruota del bus. Poi però ci siamo resi conto che era ben altro. I miei compagni di viaggio urlavano, c'era sangue ovunque, i soccorsi sono stati tempestivi, anche perché a pochi metri da noi c'era una camionetta della polizia che ci stava scortando». Al momento la rivendicazione dell'Isis non è ancora arrivata, ma i servizi di sicurezza del Cairo sembrano avere le idee molto chiare su quanto accaduto.

Sull'attentato è intervenuto il ministro degli Interni Mahmoud Tafwiq, parlando all'emittente Nile Tv. Tawfiq ha rivelato che «sapevamo di minacce ai turisti, ma soprattutto alle persone che professano altre religioni. Non possiamo più avvalerci di misure normali, è arrivato il momento di mostrare il pugno duro». Il governo nella serata di ieri ha deciso di innalzare a rosso il livello di sicurezza per rischio attentati, prevedendo un dispiegamento di soldati a ridosso delle chiese ortodosse e copte e dei monasteri, in vista delle celebrazioni natalizie e del Capodanno.

Il piano perverso di mettere in ginocchio il turismo di Paesi del Maghreb che vantano ottimi rapporti con l'Occidente è sempre più evidente. Per altro l'attentato di Giza è avvenuto a meno di una settimana dalla conferenza stampa del ministro del turismo egiziano Rania Al Mashat: la titolare del dicastero aveva esibito dati relativi a una sensibile crescita di presenze straniere (8 milioni di persone) dopo l'attentato al volo diretto in Russia della Metrojet 9268 del 31 ottobre 2015, che aveva provocato 224 vittime, riducendo ai minimi termini il flusso turistico sia nella zona storica (Cairo, Alessandria e le Piramidi) sia sul Mar Rosso.

Anche se di fatto l'ultimo attacco è avvenuto il 2 novembre quando sette persone sono rimaste uccise nel corso di un'azione armata contro tre autobus che trasportavano pellegrini cristiani verso un monastero nel deserto a sud del Cairo. L'intelligence del Cairo fa inoltre sapere di aver trasmesso un'informativa a Tunisi, a sua volta a rischio di possibili blitz jiahdisti.

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