Bonafede, un'altra gaffe giuridica

Il ministro inventa un nuovo tipo di reato per difendere la sua legge

Bonafede, un'altra gaffe giuridica

Ormai le gaffe giuridiche del ministro della Giustizia grillino Alfonso Bonafede sono un oggetto di culto per i social network, in particolare sulle pagine degli avvocati italiani. Anche il Guardasigilli è un avvocato, ma alcune delle sue uscite più recenti hanno portato la rete a mettere in dubbio la solidità della sua preparazione giuridica. Aldilà della loro efficacia e costituzionalità, alle proposte di riforma della giustizia avanzate dal ministro si rinfaccia di venire spiegate con argomenti «che farebbero bocciare - come si legge in un commento - uno studente di vent'anni».

L'ultima «perla di Fofò», come l'ha battezzata in rete un avvocato trentino («Fofò» è il soprannome del ministro) è andata in onda mercoledì sera durante la puntata di Porta a Porta quando, per sostenere la legge che di fatto cancella la prescrizione, Bonafede ha affermato che «quando il reato non si riesce a dimostrare il dolo e quindi diventa un reato colposo ha termini di prescrizione molto più bassi», inventando una categoria di reati (la corruzione colposa, per esempio, non esiste) che non compaiono nel codice penale. «Un libro di diritto si è suicidato», è il commento di un'avvocatessa.

Ma la serie è lunga. Viene pubblicata una delle prime interviste dopo la nomina, in cui Bonafede spiega che quando un ministero viene condannato a risarcire un cittadino per costringerlo a pagare serve «un decreto ingiuntivo» (errore da matita blu, basta un atto di precetto); rispuntano le dichiarazioni in cui per difendere l'ergastolo «ostativo», criticato dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo, il Guardasigilli si avvita dicendo «eeeeh faremo in modo di far valere le nostre ragioni in tutte le sedi eeeh opportune» (quali?), «è una decisione presa tanti anni fa sulla base di input ricevuti da magistrati che sono morti per combattere contro la mafia» (quali?). Ma la più gettonata è la prolusione davanti alla polizia penitenziaria in cui Bonafede afferma che «quando si fa la facoltà di giurisprudenza hai plasticamente in mente un percorso della giustizia e questo percorso inizia con le indagini, prosegue nel processo e si conclude con la condanna. Fine».

Della possibilità che un processo possa concludersi con l'assoluzione dell'imputato il ministro sembra non sapere nulla: forse all'università non gliel'hanno spiegato, o forse ha frequentato troppo certi pm che sostengono che al mondo «non ci sono innocenti, ci sono solo colpevoli che sono riusciti a farla franca».

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