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Boomerang salario minimo. Un macigno da 8 miliardi che favorisce il lavoro nero

Un costo stimato tra un minimo di 2,5 a un massimo di 6,7-8,3 miliardi

Boomerang salario minimo. Un macigno da 8 miliardi che favorisce il lavoro nero

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Un costo stimato tra un minimo di 2,5 a un massimo di 6,7-8,3 miliardi. Tanto peserebbe sui bilanci delle aziende l'introduzione in Italia di un salario minimo a 9 euro lordi l'ora. Queste, almeno, erano le stime risalenti al 2019-2020 degli studi di Inapp e Inps circa l'introduzione di un salario minimo legale. La differenza tra il minimo e il massimo stimati risiede nella scelta di calcolare la retribuzione base partendo dai minimi tabellari (cosa che avrebbe un costo più alto per le aziende) o dal trattamento economico complessivo, che comprende cioè anche altre somme come Tfr, tredicesima e quattordicesima. Una simulazione Istat, invece, ha evidenziato che il salario minimo si applicherebbe a 3 milioni di lavoratori con un aumento medio di 804 euro l'anno (61,8 euro al mese tredicesima inclusa) e un costo di 2,9 miliardi.

Ma al di là dei semplici numeri sui costi, il salario minimo a 9 euro come è proposto dai partiti del centrosinistra porta con sé più di un punto debole. Il primo, e forse più immediato, è che un livello troppo elevato potrebbe «aumentare il lavoro irregolare, in particolare nei settori dove attualmente i minimi tabellari sono molto inferiori alla soglia proposta dal disegno di legge», ha fatto notare un recente studio della Cgia di Mestre. I settori dove si registrano i salari più bassi in Italia sono l'agricoltura, il lavoro domestico (che però dovrebbe essere escluso dalla norma) e alcuni comparti dei servizi, già di per sé contraddistinti da un elevato livello di lavoro irregolare. È ipotizzabile, quindi, che l'intervento per legge possa portare alcuni imprenditori a preferire il lavoro in nero spingendo nell'irregolarità anche tanti lavoratori che attualmente non lo sono.

C'è, poi, un altro aspetto: la proposta dei 9 euro - riferita ai minimi tabellari - è un valore relativamente alto se rapportato alle retribuzioni italiane, che sarebbe pari al 75-80% del valore mediano. Un dato nettamente superiore anche a quanto raccomandato dall'Unione europea, per la quale il salario minimo dovrebbe collocarsi tra il 50 e il 60% dello stipendio mediano. Qualcuno potrebbe obiettare che uno stipendio più alto è sempre preferibile e, a livello individuale, indubbiamente lo è. A livello sistemico, però, pare evidente che se il costo del lavoro lievitasse troppo, allora le aziende potrebbero per riflesso ridurre la loro domanda di lavoratori. Il che si tradurrebbe in un maggiore livello di disoccupazione o comunque di lavoro sottopagato e illegale. E se per l'ex presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, l'introduzione del salario minimo aumenterebbe il gettito dello Stato di 15 miliardi tra maggiori entrate Irpef e minori uscite per sussidi. Il conto forse non sarebbe così lusinghiero se in prospettiva la disoccupazione aumentasse.

Lo stesso governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, aveva parlato dell'importanza dell'introduzione di un giusto livello per un salario minimo legale, che se fissato a un livello troppo alto potrebbe «portare a effetti negativi». E, sotto questo punto di vista, con un salario minimo a 9 euro all'ora l'Italia lo avrebbe a uno dei livelli più alti al mondo, non in valore assoluto, se rapportato al valore mediano degli stipendi. Insomma, c'è tutto per lasciare spazio a un pesante effetto boomerang.

C'è però almeno un altro aspetto: l'indicazione dell'Ue sull'introduzione di una paga minima oraria, riguarda solo quei Paesi dove la copertura della contrattazione collettiva non raggiunge l'80 per cento. Ebbene, secondo l'ultima ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio della Cgil, i lavoratori coperti dai 207 contratti collettivi nazionali confederati sono circa il 97% del totale dei dipendenti. Insomma, l'Italia è ben oltre gli obiettivi comunitari e non sarebbe in alcun modo obbligata ad adottarlo.

Secondo le tesi di alcuni esperti (condivise dal governo), in un Paese dove la contrattazione collettiva è così diffusa il salario base potrebbe danneggiare la contrattazione collettiva e i sindacati, decidendo di fatto le retribuzioni.

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