Da borghesi a disperati, discesa senza fine «Hanno bisogno di tutto. E sono invisibili»

Da Milano a Cosenza, il dramma dei connazionali. Ma è sottostimato

Da borghesi a disperati, discesa senza fine «Hanno bisogno di tutto. E sono invisibili»

Milano Il Meridione disperato comincia alla periferia Sud di Roma. «Qui alla Borghesiana - racconta don Luca Centurioni - lavoravano tutti nell'edilizia. Ora il settore è fermo, il lavoro non c'è più e i poveri crescono vertiginosamente». Famiglie rigorosamente italiane: romani che negli ultimi anni hanno perso tutto. «Saranno almeno cento le famiglie italiane che non hanno più la corrente in casa - prosegue don Luca - e trenta, quaranta quelle che prendono l'acqua alla fontanella perché dai rubinetti non esce più niente».

Pare impossibile e invece il quadro che arriva dalla prima linea dell'emarginazione supera ogni immaginazione. «Con un'aggravante - sottolinea il sacerdote - gli stranieri sono compatti e uniti, gli italiani si dividono, la povertà è un moltiplicatore dei guai. Il marito perde il lavoro e comincia a bere, la moglie lo butta fuori. Risultato: non arrivano a fine mese né lui né lei che magari deve provvedere a due o tre figli».

La Caritas stima che nel Mezzogiorno il 66 per cento di chi bussa ai centri d'ascolto sia di quella città. Un dato allarmante. Però persino ottimistico secondo altri operatori. «È da anni che andiamo ripetendo che ormai sono i nostri connazionali più degli stranieri a chiedere aiuto - afferma Andrea Giussani, presidente della Fondazione Banco Alimentare - E questo vale a Milano come a Palermo, al Nord come al Sud. Semmai bisogna aggiungere che il disagio dei nostri connazionali è sottostimato perché gli italiani sono più discreti, hanno pudore, si vergognano, ancora di più perché spesso fino a qualche anno fa se la cavavano da soli e non dovevano tendere la mano». Oggi invece aspettano con ansia i pacchi che permettono loro di mangiare e tempestano di richieste le associazioni che si fanno in quattro perché i bisogni sono infiniti: i vestiti, le bollette le medicine, il riscaldamento. «Purtroppo - conclude Giussani - l'uscita dalla crisi di cui parla il Governo riguarda, ammesso che ci sia, un'élite, chi è al vertice della piramide; chi è in fondo alla scala sociale, una valanga di gente, ha solo il problema di sopravvivere giorno per giorno in una realtà che è e resta nerissima come la notte».

Le storie dei nuovi poveri che prima erano borghesi riempiono la penisola. Ma lo sfascio diventa insostenibile sotto Roma. «Nove anni fa quando è partita l'attività dell'associazione Franco Loise - spiega da Cosenza la signora Giuliana Calabrese - aiutavamo soprattutto stranieri. Oggi siamo circondati da italiani in condizioni difficilissime: le famiglie calabresi sono il 90 per cento di quelle cui diamo una mano. Il loro tenore di vita dopo il naufragio è bassissimo: hanno bisogno di tutto. La pasta. Il riso. Il latte. Il vestiario. E poi il gas, la luce, la corrente. E tutto il resto».

Poveri che giorno per giorno sprofondano sempre più.

C'è un rito che mostra questa discesa senza fine. «È - spiega Calabrese - il pranzo della domenica. Si presentano in mensa signore dai modi raffinati che indossano il vestito della festa. Il segno di un passato che non c'è più».

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